“Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Di tutto ciò che ha vinto, dei successi sul campo e della sua storia personale, questa resterà negli annali come “Quote of the Century” di una delle più emblematiche figure del calcio italiano: Giovanni Trapattoni, per tutti il Trap.
Nato a Cusano Milanino il 17 Marzo 1939, di lui ricordiamo benissimo la carriera da giocatore prima che da allenatore, quando indossava la maglia rossonera del Milan, quel mediano biondo dalla faccia pulita che nel ’63 riuscì a tenere testa al grande Pelè a Milano e con la nazionale. Per la cronaca, finì 3-0 per l’Italia.
Cresciuto calcisticamente seguendo le orme del grande Nereo Rocco, da subito il Trap nazionale dimostrò di essere uno dei grandi artefici del modulo all’italiana, marchio di fabbrica del calcio nostrano che forse stilisticamente non è mai stato il più bello ma di sicuro quello più efficace.
Giovanni Trapattoni è uno dei volti del pallone più esportati fuori dallo stivale, l’allenatore capace di vincere in Italia come all’estero dimostrando la sua capacità di vivere il calcio come una filosofia di sport, prima ancora che gesto tecnico. Era maestro di vita fuori e dentro il campo, dove alternava un fischio per richiamare i giocatori alla tattica ad una parola di conforto negli spogliatoi per i suoi uomini.
Oggi, mentre spegnerà le 82 candeline, lo immagino come sempre, con un pensiero al momento contemporaneo che stiamo vivendo e uno sguardo al suo calcio. Ricordiamo infatti i grandi successi con la Juventus, squadra con la quale vinse tutto dal 1976 al 1986, scudetti e coppe anche grazie al grande Platini che metteva a frutto il lavoro tattico impostato dal Trap. Poi lo scudetto con l’Inter di Pelegrini, le panchine con Cagliari, Fiorentina e poi la parentesi estera: Bayern Monaco, Benfica, Stoccarda, Red Bull di Salisburgo.
Uno dei più titolati al mondo, avendo conquistato campionati in Italia (un record di sette), Germania, Portogallo e Austria (uno a testa), per un totale di dieci titoli nazionali, diventando uno 5 allenatori in grado di vincere un campionato nazionale in 4 nazioni differenti.
Nella vita di allenatore, Trapattoni ha ricoperto il ruolo di Ct due volte: con l’Italia, che guidò ai mondiali 2002 e agli Europei del 2004, poi con la nazionale Irlandese con la quale sfiorò la qualificazione mondiale sfumata per quel celeberrimo fallo di mano di Henry che subito dopò segnò il gol che portò la Francia al mondiale.
Più che un allenatore, Giovanni Trapattoni è stato un’icona del calcio, genuino, cortese, capace di rispettare tutti e di farsi rispettare da tutti. Chiedetelo ai giocatori del Bayern Monaco: era 10 marzo 1998 l’allenatore italiano fu protagonista di una conferenza stampa che si trasformò in un monologo di rimprovero verso i suoi calciatori e in particolare verso uno: Thomas Strunz. Ancora oggi nell’ambiente bavarese nessuno può scordare quell’episodio.
Il mio ricordo del Trap è legato al rettangolo di gioco, quando durante una rifinitura ai tempi della nazionale italiana, nello Stadio Tardini di Parma, ho visto un signore attempato in tenuta da calcio correre e fraseggiare con i suoi giocatori, spiegando non a parole ma coi fatti come ci si aspettava giocassero dei professionisti del pallone: tocchi veloci, possesso palla e tanta corsa.
Buon Compleanno indimenticabile Trap!
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