Uniti per la promozione dei siti storici. È l’iniziativa che riunisce i beni culturali di Siliqua, Santadi, Gonnesa e Fluminimaggiore in un solo percorso dal Neolitico ai giorni nostri tra storia, archeologia e natura. L’azione promozionale intende favorire la fruizione integrata di tutti i siti riuniti attraverso uno sconto per i visitatori che scelgano di visitarne più di uno nella stessa annualità 2021. Ciascun biglietto di ingresso consentirà di ottenere uno sconto per visitare gli altri siti. L’azione di rete, oltre proporre al visitatore un’offerta unitaria, grazie alla comunicazione integrata consentirà di amplificare la visibilità di ciascun sito.
I siti aderenti
Il Sistema Museale di Santadi riunisce il Museo Civico Archeologico, il Museo Etnografico “Sa Domu Antiga” e l’Area archeologica di Pani Loriga, interessati da una gestione unitaria a cura di Sémata soc. coop. che ne garantisce comuni standard qualitativi, espositivi, divulgativi e promozionali. L’offerta culturale abbraccia un ampio arco cronologico, dalle fase neolitiche di frequentazione del sito alle forme di vita tradizionali rappresentate nel museo etnografico, passando attraverso i documenti materiali del museo archeologico. Quest’ultimo, concepito come ‘Museo del territorio’, custodisce i reperti provenienti dai principali siti archeologici del basso Sulcis. Il sito di Pani Loriga presenta una vasta collina ricoperta di olivastri secolari che racconta cinquemila anni di storia sarda, dalla necropoli a “domus de janas” al nuraghe Diana, per arrivare alle oltre 150 sepolture fenicie indagate e alla necropoli e all’architettura urbana straordinariamente conservata della fase punica. Infine, il museo etnografico, ospitato in un edificio nel centro del paese risalente agli inizi del Novecento, che rispecchia per caratteristiche tipologiche e strutturali la casa contadina tradizionale del Basso Sulcis. Gli arredi e gli oggetti, organizzati secondo percorsi tematici, documentano l’economia e i modi di vita tradizionali, permettendo di approfondire l’identità culturale locale e del territorio.
Il Complesso nuragico di Seruci si estende per ben sei ettari nel territorio di Gonnesa, ed è costituito da nuraghe complesso, antemurale, esteso villaggio di capanne e una Tomba di Giganti. Era di certo un nuraghe complesso, penta o esalobato, la cui costruzione iniziò presumibilmente a fine XIV secolo a.C., nel Bronzo recente, e la cui vita si protrasse sino al X a.C., nel Bronzo finale. Il relativo villaggio, risalente al Bronzo finale, è uno dei più grandi dell’intera Sardegna con oltre cento capanne circolari suddivise in sei isolati. È stato scavato e indagato un isolato costituto da 14 ambienti disposti attorno ad un cortile centrale: si tratta della tipica struttura abitativa dell’ultima fase nuragica. Oltre la capanna delle riunioni, c’è il tempio, dove sono stati rinvenuti resti di sacrifici rituali, il focolare sacro e la ‘capanna delle terme’ con il bacile centrale pieno d’acqua, nel quale venivano immerse le pietre roventi per sprigionare il vapore. Arrampicata sulla collina prospiciente il complesso, si trova una tomba di Giganti, luogo di sepoltura al servizio del villaggio.
Area archeologica di Antas. L’importanza del sito è data indubbiamente dalle vestigia del luogo di culto romano unico nel suo genere in Sardegna, ma ripercorrendone la storia ritroviamo le testimonianze della civiltà nuragica; furono loro a utilizzare per primi la valle come luogo sacro con le sepolture ad incinerazione, sono state rinvenute inoltre tre tombe a pozzetto dell’età del ferro (tardo periodo nuragico). Al di sotto della gradinata d’accesso al Tempio Romano sono visibili i resti del luogo di culto cartaginese (500 a.C.), innalzato in onore della divinità punica Sid Addir Babay. Il famoso Tempio romano, citato dal celebre geografo egiziano Tolomeo, risale al I secolo a.C., fu più volte rinnovato fino ad arrivare al grande restauro testimoniato dall’iscrizione situata sulla parte sommitale dell’edificio che conferma la collocazione cronologica al III secolo d.C. e l’adorazione del Dio Sardus Pater Babai.
Il Museo etnografico “Vecchio Mulino ad acqua Licheri”. Il museo etnografico è stato allestito all’interno dell’antico mulino ad acqua del ‘700, costruito sulla sponda del Rio Mannu, le cui acque venivano utilizzare per azionare la macina idraulica. La struttura conserva le caratteristiche delle tipiche abitazioni con i grossi muri in “ladiri” (mattoni di fango e paglia) e il tetto con le canne. Attualmente sono allestiti undici spazi espositivi comprendenti oltre al mulino e alla parte esterna, varie stanze che conservano oggetti legati alla pastorizia, agricoltura ed antichi mestieri come ad esempio il fabbro, il falegname e il ciabattino, ma la parte più significativa è incentrata sulle varie fasi della produzione e lavorazione del grano. Un viaggio a ritroso nel tempo con curiosità e storie che, renderanno più reali gli antichi mestieri ancor vivi e importanti nei ricordi dei nostri nonni. Il Castello di Acquafredda è un’importante testimonianza di struttura fortificata di epoca medioevale, che si innalza su un colle di origine vulcanica sviluppandosi per un’altezza di 256 metri sul livello del mare. Il sito denominato “Domo Andesitico di Acquafredda”, è stato istituito a Monumento Naturale dalla Regione Sardegna. Dal ritrovamento di una bolla Papale datata 30 luglio 1238, si ritiene che il Castello esistesse già in quella data, ma è opinione diffusa attribuire la sua costruzione al celebre nobile pisano Ugolino Della Gherardesca conte di Donoratico sin dal 1257, anno in cui divenne Signore della Sardegna sud-occidentale dopo la caduta del Giudicato di Cagliari. Caduto in disgrazia, il conte fu imprigionato a Pisa nella torre dei Gualandi poi chiamata “Torre della Fame” dove morì nel 1288. Le vicende del conte Ugolino sono divenute illustri grazie ai versi di Dante Alighieri nella Divina Commedia: «La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator…» che troviamo nel XXXIII canto della Cantica dell’Inferno.
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