Il progetto della centrale eolica Off shore, con 42 “torri eoliche” altre 265 metri, su una superficie marina di 49 mila metri quadri, a circa 35 chilometri (circa 19 miglia marine) dalla costa dell’Isola di San Pietro e del Sulcis, presentato dalla Ichnusa Wind Power srl al momento è fermo. La Capitaneria di Porto di Cagliari ha sospeso la procedura relativa al rilascio della concessione demaniale marittima, chiesta dalla stessa Società energetica in quanto il progetto è attualmente sottoposto a procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.).
A comunicarlo il GRIG in una nota “La sospensione – ovvia decisione di buon senso in situazioni simili – era stata chiesta dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico odv, perché sarebbe solo assurdo concedere per trent’anni un’ampia area demaniale, di mare territoriale e d’interesse nazionale al largo del Sulcis in assenza delle necessarie autorizzazioni ambientali per la realizzazione della centrale eolica off shore proposta.”
Il progetto al momento è fermo al Ministero dell’ambiente per la verifica preliminare, che precede la predisposizione dello studio di impatto ambientale finalizzato alla procedura di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.). La fase di scoping è stata recentemente conclusa con la definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale (S.I.A.) da predisporre.
Numerose le osservazioni presentate dalla Regione autonoma della Sardegna, dal Ministero della Cultura, dal Provveditorato interregionale per le Opere Pubbliche Lazio, Abruzzo, Sardegna e dal Comando dei Vigili del Fuoco di Cagliari.
La concessione richiesta ha ad oggetto l’occupazione di m² 2.617,00 di zona demaniale (ZD) per la realizzazione di un cavidotto interrato sul molo di ponente del porto di Portovesme (SU), che si estende dalla testata del molo sino all’uscita dell’area portuale fino ad allacciarsi alla stazione Terna Sulcis esistente; m² 196.920,00 di specchio acqueo (SP) nell’antistante mare territoriale per la realizzazione di un cavidotto sottomarino, dal molo di ponente del porto di Portovesme (SU) sino al limite delle acque territoriali ad ovest della Sardegna e, infine, m² 2.538.674,00 di specchio acqueo (SP) oltre il confine del mare territoriale per la prosecuzione dell’elettrodotto marino e per l’installazione di n. 42 turbine con fondazione floating.
La potenza prevista è di 12 MW ciascuna per complessivi 504 MW, mentre la durata prevista della centrale eolica sarebbe di 30 anni e il cavidotto di collegamento dovrebbe approdare sulla terraferma a Portoscuso.
“Tutto legittimo, – proseguono dal GRIG – tuttavia, oltre il sensibile impatto ambientale, assolutamente tuttora non valutato, rimangono sospese parecchie domande sulla reale utilità per la collettività (non per l’azienda proponente) di un progetto energetico comunque impattante sull’ambiente e le varie componenti ambientali (fra le tante cose, lì passa la rotta migratoria del Tonno rosso, finora bellamente ignorata dal progetto), non sostitutivo delle fonti energetiche fossili ora utilizzate (non esiste alcun obbligo giuridico in tema) e non utile al comparto regionale, che già esporta quasi la metà dell’energia elettrica prodotta.”
In Sardegna le fonti di energia sono per il 78% termoelettrica, 11% eolica, 5% bioenergie, 5% fotovoltaico, 1% idroelettrico. Fonte termoelettrica: 42% carbone; 49% derivati dal petrolio; 9% biomasse.
“Tuttavia, oltre il 46% dell’energia prodotta “non serve” – osservano dal GRIG – all’Isola e viene esportato, quando possibile, vista la limitata capacità dei due sistemi di trasporto dell’energia (cavidotti SAPEI e SACOI) , complessivamente 1.400 MW.
Il terzo collegamento – fra la Sicilia e la Sardegna – recentemente annunciato dal Governo nazionale e oggetto di un accordo fra Regione Siciliana, Terna s.p.a. e Cassa Depositi e Prestiti (settembre 2019) – non ha finora incontrato il favore della Regione autonoma della Sardegna, che punta sul metano.
Quindi, allo stato, se tale energia sostituisse con un qualche meccanismo giuridicamente coattivo oggi non esistente le fonti fossili più inquinanti (petrolio e derivati, carbone) allora il progetto potrebbe avere utilità collettiva oppure non avrebbe alcun senso, sarebbe semplicemente dannoso al contesto socio-economico locale (pesca, turismo).
In proposito – conclude la nota – sarebbe opportuno puntare sullo sviluppo della ricerca e la realizzazione di sistemi di accumulo energetico.
L’Isola di San Pietro, il Sulcis, la Sardegna non hanno minimamente bisogno di diventare una “piattaforma di produzione energetica” per lucrosi interessi particolari privati.”
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