Al centro del nuovo progetto di AR/S – Arte Condivisa in Sardegna, la piattaforma progettuale della Fondazione di Sardegna che alla promozione di mostre dedicate alla storia dell’arte sarda alterna sempre con più frequenza interventi dedicati al presente, c’è il viaggio del fotografo Pino Musi alla scoperta del Sulcis/Iglesiente: un itinerario spesso impervio, articolato in numerose tappe e preceduto da una sosta all’Asinara.
LA RESIDENZA D’ARTISTA
Nell’ambito dell’ormai annuale commissione che la Fondazione di Sardegna dedica alla Fotografia, il progetto “Sottotraccia” di Pino Musi curato da Marco Delogu si è sviluppato in due fasi di residenza sull’isola: cinque giornate trascorse presso l’ex isola carcere nel mese di giugno 2019, seguite da due settimane, tra agosto e settembre, dedicate a percorrere il sud-ovest della Sardegna. Le opere fotografiche prodotte in questi due territori così diversi si presentano in realtà come due capitoli di uno stesso racconto: una riflessione attenta alle tracce, sedimentate e sotterranee, che caratterizzano i processi di trasformazione della Sardegna, e più in generale delle isole. Valerio Magrelli, poeta e critico letterario i cui testi accompagnano il progetto, insieme a quelli del regista Giovanni Columbu e del curatore Marco Delogu, sottolinea: “esiste una perfetta simmetria che si crea nel contrasto tra il riverbero dell’isola dell’Asinara e l’oscurità dei giacimenti del Sulcis. In tal senso viene spontaneo osservare come i due poli di questo viaggio visivo di Pino Musi coincidano con le componenti stesse della fotografia, in un perfetto equilibrio tra bianco-Asinara e nero-Sulcis, tra le abbacinanti immagini del carcere e certi scorci “piranesiani” dell’Iglesiente”.
LA MOSTRA “SOTTOTRACCIA”.
Il progetto fotografico, confluito in una pubblicazione edita da Punctum Press, è al centro della mostra che sarà inaugurata il 20 dicembre 2019, alle ore 19, negli spazi della Fondazione di Sardegna, in via San Salvatore da Horta 2 a Cagliari: 43 opere fotografiche che rivisitano i luoghi e i siti dell’archeologia industriale nel Sulcis Iglesiente e l’architettura del ventennio nelle città di fondazione, dopo aver colto i segni e le ferite dell’Asinara. Un corpus che si dipana tra le geometrie deprivate della cella di Totò Riina all’Asinara e gli scheletri degli impianti minerari dismessi: Cala d’Oliva, Serbariu e Monteponi, ma anche gli orizzonti dilatati di Fornelli e le linee morbide di Piscinas e Cala Domestica. “Alle immagini di Sottotraccia potrebbe essere riconosciuto un valore di denuncia – scrive Giovanni Columbu – eppure sembra che quanto stia a cuore a Musi riguardi soprattutto l’esplorazione di altre relazioni, quella misteriosa e universale tra il buio e la facoltà di vedere, così come quella tra l’incombere del disfacimento e il contestuale riemergere delle ragioni originarie dell’esistenza di un oggetto.
SULCIS IGLESIENTE, I CONTORNI DEL CAMBIAMENTO
Ritrarre il Sulcis Iglesiente con i suoi villaggi fantasma, i pozzi, le attrezzature abbandonate negli impianti minerari è un omaggio alla memoria che non indugia più su quel che è stato, e cioè la prima industria sarda. Definita nel 2001 attraverso una lunga attività di concertazione, l’Area Pit del Sulcis Iglesiente (che include i centri di Carloforte, Decimoputzu e Villaspeciosa) è una delle province più povere d’Italia. Pur possedendo il 21% dei contribuenti della provincia di Cagliari, l’area genera il 18% del reddito imponibile, e il reddito pro-capite (11.863) rappresenta solo l’88% della media provinciale (13.682 euro) e il 98% di quella regionale (12.552 euro). Ex primo polo industriale regionale, il Sulcis Iglesiente è inoltre uno dei territori maggiormente colpiti dallo spopolamento: perde 30 abitanti ogni 1.000 residenti, più del quadruplo di quanto accade a livello regionale. Nascono anche meno persone di quelle che muoiono: la differenza è di circa 165 unità all’anno.
ASINARA/SULCIS IGLESIENTE, LONTANO DALLA RETORICA DEL DEGRADO
Nelle opere fotografiche prodotte, Musi registra l’indubbia drammaticità degli scenari incontrati lungo il viaggio, senza mai però indugiare sul degrado dei siti, tralasciando di sottolinearne l’abbandono e la retorica decadente che tanto ha imperversato nell’iconografia di questo territorio. Secondo Marco Delogu, curatore della mostra, “l’eterna lotta tra buio e luce viene paradossalmente capovolta nei due territori del Sulcis e dell’Asinara. Uomini liberi venivano obbligati al buio delle miniere, giornate intere passate a centinaia di metri sotto la superficie. Uomini in cattività venivano obbligati a convivere con la potenza della luce del sole, e di questa bellezza abbagliante non potevano usufruire: punizione nella punizione, quella luce marcava il loro confine, così come il profondo buio toglieva salute e libertà ai minatori del Sulcis.” Tale contrasto paradossale è tuttavia annullato nelle fotografie di Pino Musi, il cui sguardo persegue una visione poetica che è ben lontana da ogni intenzione documentaristica. Laddove l’Asinara è infatti il punto di partenza anche interpretativo del viaggio e dell’indagine “Sottotraccia”, è solo attraverso i siti minerari del Sulcis / Iglesiente che il percorso visivo si evolve, concentrandosi in un territorio che forse più di molti altri porta i segni evidenti di fasi storico-economiche anche recenti e dal complesso sviluppo che, in quanto tali, meritano di essere osservate, indagate e messe in luce attraverso sguardi e linguaggi contemporanei.
La mostra sarà visitabile gratuitamente tutti i giorni, dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 19, fino al 31 marzo 2020.
L'ARTISTA
PINO MUSI vive e lavora a Parigi. Il fascino per la camera oscura e la costante frequentazione delle avanguardie teatrali, almeno fino alla fine degli anni ottanta, hanno segnato la sua attività. Il lavoro di Musi ha intersecato molteplici aree d’interesse come l’antropologia, l’architettura, l’archeologia o, ancora, la produzione industriale. La sua ricerca sulla forma fa parte di un progetto coerente e trova il miglior mezzo espressivo attraverso la creazione di libri.
Opere fotografiche di Pino Musi sono presenti in collezioni private e pubbliche, tra cui la Fondazione Rolla, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, la Fondazione Fotografia di Modena, il FRAC (Fonds régional d’art contemporain) Bretagne.
Comment here