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Simona Dedoni e “Sardinien Reisen”: a Berlino con l’obiettivo di far conoscere l’isola lontana

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“Sono ben lontana dalla figura dell’emigrato nostalgico che vive quel ‘mal di Sardegna’ come argomento principale della propria esistenza. Amo la mia terra natìa, ne riconosco i pregi, ma ne vedo anche i difetti e le criticità. Ho avuto la fortuna di nascere su quest’Isola bellissima, ma ho scelto di vivere in una città altrettanto bella e, soprattutto, stimolante. Alla Sardegna guardo con affetto e sofferenza, talvolta persino insofferenza. A Berlino guardo con amore e immensa gratitudine.”

Una vita dedicata alla promozione della Sardegna. Attorno alla passione per l’Isola, la sua cultura e le sue tradizioni ha costruito la sua competenza e professione. Lei è Simona Dedoni, nata a Cagliari nel 1975, barbaricina per stirpe e per indole. Genitori originari della provincia di Nuoro trasferitisi nel capoluogo fin da giovanissimi. Papà Giulio, imprenditore, di Gergei, paese della Trexenta. Il ‘paese del buon olio’, fortemente legato alle tradizioni agropastorali, scelto come dimora dall’artista Mario Cesare. Mamma Marisa, insegnante, di Gadoni, paese della Barbagia di Belvì. Il paese della miniera di ‘Funtana Raminosa’, chiusa nel 1983. Borgo di secolare tradizione artigiana e mineraria, immerso nei boschi e nelle foreste, meta di turismo escursionistico. Nonno, Efisio Bussu di Ollolai, minatore. E nonna, Fiela Cocco di Gadoni, sarta.  “Un’infanzia vissuta a Cagliari e precisamente a Sant’Arennera, la Viale Sant’Avendrace sorta sotto il Colle di Tuvixeddu che, da antico borgo di pescatori, aveva già cominciato a fare spazio a grossi palazzoni ed attività commerciali.”

Innamorata della danza classica che ha praticato dai 3 ai 6 anni, ha avuto l’onore di ballare al Teatro Massimo prima dell’incendio del gennaio 1982, che ne determinò la chiusura e segnò la storia. “Da bambina il mio sogno era diventare una ballerina o, in alternativa una suora. Finché la mia maestra, Suor Anna Cogoni, non mi ha spiegato che ‘la suora’ non è un mestiere”.

Simona ci racconta del suo percorso di studi. “Nella scelta delle scuole superiori non ho avuto alcun dubbio – spiega –: il liceo linguistico era ciò che volevo. Non potevo assolutamente privarmi di comprendere persone di cultura e lingua diversa dalla mia. Volevo viaggiare e, d’altronde, questa scelta mi sarebbe stata utile anche per il lavoro. Fondate negli anni ’60, le aziende di famiglia stavano crescendo e si iniziava a diversificare e a gettare le basi per il boom che avremmo raggiunto all’inizio degli anni 2000. Gli anni della scuola superiore sono stati anni bellissimi. La scelta era ricaduta su uno dei due licei linguistici di Cagliari, il ‘Grazia Deledda’, scuola privata, in quanto all’epoca in tutta Italia non esisteva un liceo linguistico pubblico. Inglese e francese le lingue principali. Tedesco la terza lingua. Le stesse che avrei poi continuato all’università, scegliendo però come prima lingua francese. Con la scelta del percorso universitario, iniziato a Pisa nel 1994, iniziava anche la mia vita ‘in movimento’. Tra un padre che avrebbe voluto che andassi a studiare negli Stati Uniti e una madre che aveva vissuto nella Svizzera francese, io sognavo di portare a termine i sogni incompiuti di quest’ultima. E di laurearmi in lingue alla Sorbonne di Parigi”.

Ma Simona è stata una diciottenne con la mentalità aperta e si sarebbe trovata bene praticamente ovunque. “Ero malleabile, flessibile, materia completamente da plasmare”.

E Pisa è stata la prima città ad accoglierla. “A Pisa devo molto, anche se, dopo tanti anni passati in una città così piccola e piuttosto provinciale, iniziai a sviluppare un po’ di avversione. A causa delle tempistiche troppo lunghe dovute a un percorso di studi che all’epoca non era organizzato al meglio, forse perché studiare lì non era proprio una passeggiata. O forse perché, se da un lato trovarti fuori casa da sola a diciannove anni non ancora compiuti, ti responsabilizza, dall’altro ti permette di vivere una vita senza regole. E io la vita da studentessa me la sono davvero goduta.”

La laurea per Simona è arrivata a 28 anni. “Se mi guardo indietro, non mi pento del percorso fatto. Di ogni singolo esame ricordo tantissimo. Quanti libri ho letto, quanti libri non erano disponibili per l’acquisto. Ricordo l’esempio di un seminario su Margaret Atwood, all’epoca poco conosciuta in Europa e oggi famosissima grazie alla serie televisiva ‘The Handmaid’s Tale’ (tratta dall’omonimo libro del 1985). E ancora Sylvia Plath, Flann O’Brien, i classici e i contemporanei francesi. Quante fotocopie. E impara a leggere in antico francese. E impara a leggere in antico inglese. E studia il sistema politico tedesco. E le differenze tra il sistema scolastico della Germania Ovest e della Germania Est, nonostante fossero già riunificate. Ho imparato tanto. Mi sento una privilegiata per gli ottimi insegnanti che hanno guidato il mio percorso formativo e di vita. Per aver incontrato, a soli sei anni, Suor Anna Cogoni, una delle persone più importanti della mia vita. Per i professori che all’università mi hanno reso le cose complicate, mettendomi i bastoni tra le ruote. Grazie a loro ho acquisito tantissime competenze e imparato a districarmi in situazioni non favorevoli.”

Circa due anni e mezzo prima della fine degli studi, arrivò il momento per Simona di pensare alla tesi e di scegliere argomento e docenti a cui proporla.  “In Regione Sardegna erano gli anni della questione linguistica: la LSU, Limba Sarda Unificada, era argomento all’ordine del giorno. Le mie basi linguistiche e glottologiche erano molto solide e l’argomento mi appassionava. Decisi così di proseguire in quella direzione. Dopo due anni e mezzo di tesi volevo solo una cosa: tornare a casa. Il richiamo era all’epoca molto forte. Mi trasferii e tornai in Toscana solo per discutere la tesi. Ho rivisto Pisa solo due volte da allora, nonostante abbia ricordi vivissimi e meravigliosi di quegli anni. È un sentimento ricorrente in me, la paura di tornare nei miei luoghi e di modificare i ricordi a essi legati. Ogni cosa ha il suo tempo. Dobbiamo accettare che la vita non è immobile. E io ho accettato di vivere più vite in una sola, di vivere il mio percorso. O, forse, sono stata solo molto fortunata”.

Il rientro nell’isola è stato solo un passaggio momentaneo nella vita di Simona Dedoni. “Ho trascorso in Sardegna cinque anni, dal 2004 al 2009: un inserimento nel mondo del lavoro e in una società che mi apparteneva sempre meno e che era molto diversa da ciò che mi aspettavo. La Sardegna è un’Isola meravigliosa, ma, in quanto isola, è un mondo a sé. Un mondo in cui esistono delle dinamiche molto complesse, difficili da comprendere dall’esterno. Un mondo accogliente nella misura in cui si dimostri una forte predisposizione di adattamento a queste dinamiche. Un mondo in cui i pochi sono ricettivi agli stimoli esterni e disposti a migliorarsi, ma i più sono ancorati al ‘qui si fa così perché così si è sempre fatto’. La Sardegna ha un potenziale enorme, in tanti settori. Ma è un’isola che, purtroppo, è riluttante al cambiamento.”

Tutto stava troppo stretto per il dinamismo di Simona alla ricerca di una nuova opportunità di evasione e di stimoli culturali. “La coincidenza ha voluto che in quell’inizio estate del 2009 la Regione pubblicasse il nuovo bando del ‘Master and Back’. Avevo da anni un sogno nel cassetto: colmare le lacune che gli studi umanistici avevano lasciato nel mio curriculum. Aspiravo a frequentare un percorso orientato agli studi aziendali, possibilmente un MBA (Master in Business Administration), ma il mio obiettivo era di riuscire a unire a questo tipo di formazione l’ampliamento delle mie conoscenze nel settore del turismo. Ero flessibile sulla scelta della mia futura destinazione. Il mio fidanzato tedesco mi avrebbe probabilmente seguita anche altrove. Il mio sogno era Berlino, città che avevo visitato con un’amica nel 2006 e della quale mi ero innamorata a prima vista.”

Purtroppo, però, Berlino non offriva un percorso di studi che potesse fare al suo caso, quindi la scelta è ricaduta su Brema. “Dall’ottobre 2009, un anno di studio intensissimo, immersa in un ambiente internazionale e fortemente strutturato. A questa esperienza devo gran parte della mia professionalità attuale, ma anche solide amicizie e rapporti di stima che coltivo tutt’ora. La Sardegna, in tutte le sue sfaccettature, è stata la tematica principale e la base di quasi tutti i progetti sviluppati durante quell’anno. E iniziavo a sviluppare idee per il futuro.”

A settembre 2010 consegue il suo MBA in Management del Turismo Internazionale con una tesi volta allo sviluppo di un piano strategico per l’azienda di famiglia, con la quale riprende a collaborare da remoto.  “A 18 anni avevo creato la prima azienda, in società con mio padre e mia sorella, la De.Se.Tur. S.r.l. – Dedoni Servizi Turistici. Rientrata in Sardegna nel 2004, dopo il percorso di studi universitari a Pisa, mi sono occupata della gestione della comunicazione aziendale, di pubbliche relazioni e della gestione del sistema della qualità. Negli anni, più o meno attivamente, ho proseguito la collaborazione con le attività di famiglia. Perché la verità è che, quando si cresce a pane e azienda, tagliare il cordone ombelicale è estremamente complesso. In una realtà come la mia, è come avere due famiglie, o, piuttosto, come vivere in una famiglia allargata. In cui l’azienda è un po’ madre, un po’ sorella, un po’ figlia. Nel 2014 è nata la Dedoni Sardinia, nella quale, nel 2019, abbiamo conferito anche le altre attività. Questo mi porta spesso sull’Isola e, durante uno di quei viaggi, vengo a sapere che la Regione Sardegna è prossima all’apertura di tre punti promozionali su Berlino, Milano e Roma e che la gestione è alla ricerca di personale.”

In men che non si dica Simona s’informò sul processo di selezione e, nel giro di tre mesi, si ritrova da Brema a Berlino, dove inizia una delle avventure più significative della sua vita.  “I motivi per cui ho fortemente voluto questa esperienza sono stati parecchi, ma due hanno prevalso su tutti: l’amore per la città nella quale aspiravo a vivere e l’amore per la mia Isola. Due luoghi, quindi, tanto diversi, ma che in quel mio microcosmo erano completamente immersi l’uno nell’altro. Per una persona con il mio background familiare e aziendale, intraprendere un’esperienza da dipendente è stato sostanziale. Mi ha aiutata a imparare tantissimo, a sviluppare potenzialità e competenze, a cavarmela in situazioni completamente nuove, a far fronte alle numerosissime critiche e, soprattutto, a gestire un’azienda che non era mia come se lo fosse. Per due anni e mezzo ho vissuto immersa nell’artigianato artistico e nella cultura della Sardegna, in una città che diventava ogni giorno più ‘mia’. Sono entrata in contatto con tantissimi rappresentanti delle istituzioni, imprenditori e artigiani. Ne ho ascoltato le problematiche e individuato i punti di forza e di debolezza. Ho percepito, in tanti, la difficoltà a confrontarsi con un Paese molto diverso dal nostro e la necessità di un sostegno affidabile in loco. Il termine del progetto ‘Sardegna Store’ è arrivato nel giugno del 2014. E con esso la fine di un ulteriore capitolo della mia vita.”

Sempre più innamorata di Berlino e della sua professione, consapevole delle criticità che non permettevano all’Isola di esplodere sul mercato come altre destinazioni, ma soprattutto grazie al sostegno delle parole di coloro che amavano la Sardegna e frequentavano la realtà del “Sardegna Store”, decide che è arrivato il momento di registrare un’azienda anche in Germania. Ho fondato ‘Sardinien reisen’ insieme al mio partner a Berlino il 12 luglio del 2015, stessa data in cui mio padre, nel 1967, ha registrato la sua ditta individuale. La famiglia di origine e l’azienda sono ancora una volta i tòpoi attorno ai quali ruota la mia vita. Con ‘Sardinien reisen’ (il nome dell’azienda rappresenta il legame, il viaggio figurato che lega la capitale tedesca alla Sardegna, con l’obiettivo, attraverso la comunicazione della destinazione, di muovere interesse verso l’isola) mi occupo di marketing e comunicazione per il settore turistico. Obiettivo principale è la collaborazione e il partenariato con le imprese e le istituzioni sarde, al fine di affiancare la loro promozione strategica sul mercato tedesco, in un contesto di sostenibilità e di impatto positivo sulleconomia e sulla società dell’isola. Per questo motivo, anche se molte volte questa scelta si rivela antieconomica, cerchiamo di collaborare esclusivamente con fornitori sardi, ammettendo pochissime eccezioni. La Sardegna è bacino di idee eccellenti. Idee che però, troppo spesso, si scontrano con burocrazia e politica e con una forma mentis non competitiva sui mercati internazionali. Con la mia azienda berlinese porto avanti varie collaborazioni con operatori, imprenditori e professionisti sardi. Rappresentarli sul mercato tedesco è occasione di confronto fondamentale per la mia crescita professionale. Ogni singola esperienza mi fornisce spunti importanti per la nascita di nuove idee e progetti. E molto raramente le mie collaborazioni restano fini a sé stesse. Da qualche anno mi concedo il lusso di selezionare i lavori che mi vengono proposti, anche in periodi di crisi. Ho rafforzato la consapevolezza che lavorare su progetti in cui non si crede o con partner per i quali non si nutre stima è controproducente per noi e per il raggiungimento degli obiettivi. Ho la fortuna di vedere rafforzate negli anni collaborazioni professionali che sono sfociate in profonde amicizie. “

Simona, è proprio il caso di dire, è una reale “ambasciatrice sarda” nel mondo. Un termine inflazionato da molti, ma che calza a pennello per il dinamismo, la tenacia e la caparbietà di questa donna, figlia di Sardegna. Ogni suo pensiero la porta alle origini. E anche nel suo quotidiano nella metropoli teutonica è così. “Della Sardegna a Berlino mi porto soprattutto il bagaglio culturale: una serie di oggetti dell’artigianato artistico caratterizzano il nostro appartamento e numerosi libri di autori sardi riempiono le nostre librerie. Una ‘burra’ gadonese realizzata da nonna al telaio manuale, un’ulteriore ‘burra’ dai colori più moderni, una cassapanca, delle sculture lignee, realizzate sempre a Gadoni. A ricordarmi, sempre e comunque, che nella mia Barbagia non ci sono nata solo per uno scherzo fortuito del destino.”

 

di Massimiliano Perlato

 

 

 

 

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