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Se critichi gli USA ti chiudono l’account. L’indisponente comportamento dei colossi del web

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“Sospendiamo gli account dei fomentatori di odio” è la giustificazione utilizzata dai vertici di Facebook, Twitter, YouTube.

Strano, dato che tanti colleghi non fanno altre che insultare tutto e tutti senza essere mai censurati.

Prima Libero, poi Marco Rizzo (Comunisti), adesso Fratelli d’Italia.

Rizzo ha osato paragonare la tentata presa di Capitol Hill a quanto successo nel 2014 in Ucraina. “Allora in Ucraina si parlò di un golpe in nome del popolo che si ribellava alla dittatura. Adesso, che tocca agli americani, gli autori sono descritti come eversivi. Io sono leader di partito, ho espresso la mia idea politica sugli avvenimenti. Questa limitazione vìola la Costituzione. Dal canto suo, Facebook dice di essere ‘una piattaforma privata che stipula contratti’. In realtà è molto più di questo, perchè rappresenta il monopolio nella comunicazione politica. Basti pensare come il premier in carica, Giuseppe Conte, utilizzi la piattaforma per comunicare i DPCM. È intollerante e incredibile che i giganti del web possano decidere sui contenuti e a chi prestare la loro cassa di risonanza”.

Giovanni Battista Patete, responsabile della comunicazione social per Fratelli d’Italia, denuncia: “Pagine nelle quali si parlava del partito e di Giorgia Meloni sono state oscurate. Stanno spegnendo tutte le voci dissidenti rispetto alla narrazione mainstream. È un segnale molto brutto per la democrazia, soprattutto perchè una parte della politica italiana esulta sulla censura affermando quanto sia ‘utile e necessaria’ a combattere lo spauracchio del fascismo. Chi si affibbia il ruolo di difensore dei diritti lo fa plaudendo e inneggiando a chi tappa la bocca di chiunque si permetta di dissentire. La democrazia si realizza attraverso il dibattito e la contrapposizione, non con figure che si ergono a paladini depositari della verità. È una strategia utile a far piegare tutti al pensiero unico globalista”.

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