CulturaIstruzionePrimo Piano

Scavando nella Memoria

Condividi

Non è facile ogni anno rinnovare il ricordo di uno dei fatti storici che più hanno ferito e lacerato il XX secolo. È passato molto tempo dal momento in cui si concludeva un incubo, rappresentato dalla seconda guerra mondiale e se ne apriva un altro, fatto di atrocità, oblio, sofferenza, annientamento.

Era il 27 Gennaio del 1945 quando l’Armata Rossa di Stalin varcava la soglia dell’inferno di Auschwitz, mostrando al mondo quel che era rimasto dell’umanità. Quella data, il 27 Gennaio, si è trasformata da visione infernale a ricordo indelebile, diventando un simbolo per il mondo intero: l’Italia per prima,  il 20 luglio del 2000 con l’approvazione della legge (la numero 211) che istituiva quel giorno come “Giornata della Memoria”.

Successivamente l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunitasi il 1° novembre 2005, ha proclamato ufficialmente, in occasione dei 60 anni dalla liberazione dei campi di concentramento, il 27 gennaio Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto

Francisco Boix

Negli ultimi ottanta anni sono state centinaia le testimonianze dei sopravvissuti, altrettante le immagini, tra fotografie e video, quali testimonianze visive di quel dramma chiamato Shoah. Scavando nella memoria del tempo, leggendo i fatti e le testimonianze con gli occhi della modernità, si riesce sempre a trovare qualcosa spesso nascosto tra le pieghe del tempo; sono le storie di persone che, vuoi per fortuna o per destino, aggiungono particolari e rinfrescano la memoria di chi, come il sottoscritto, quel dramma l’ha solo letto nei libri di storia.

Fino a qualche giorno fa non avevo mai sentito parlare di Francisco Boix, fotografo spagnolo, internato nel campo di concentramento di Mauthausen in Austria. Boix ricoprì, e ricopre, un ruolo fondamentale nelle testimonianze dell’orrore compiuto dai nazisti sui prigionieri dei campi poiché fu impiegato dalle SS come fotografo ed operatore del laboratorio fotografico esistente nel campo. Internato nel campo nel 1941, fu identificato con il triangolo blu che contrassegnava i prigionieri politici spagnoli. 

Durante la prigionia a Mauthausen ebbe modo di visitare anche il vicino campo di concentramento di Gusen, dove ebbe l’occasione di vedere cosa accadeva nella cava di Mauthausen. Le SS decisero d’impiegarlo come fotografo ed operatore dei laboratori fotografici esistente al campo. Dal 1941 al Maggio del 1945, Boix documentò con fotografie e filmati ciò che accadeva nel campo di concentramento, immortalando la vita e la morte di migliaia di persone. 

La scala della morte.

Nei quattro anni di prigionia riuscì a sottrarre diverso materiale dagli archivi del lager di Mauthausen, fatto che gli permetterà d’essere uno dei principali testimoni nei due grandi processi ai criminali nazisti, quello internazionale di Norimberga e quello americano di Dachau. Grazie alla preziosa testimonianza dei sopravvissuti e delle immagini di Francisco Boix, oggi abbiamo un’idea di cosa accadesse nel campo di concentramento, di come avveniva lo sterminio di centinaia di persone.

Francisco Boix morì all’età di 31 anni a Parigi a causa di una malattia renale probabilmente legata al periodo d’internamento nel lager. 

In un’epoca come la nostra ricca di negazionisti illetterati, di non conoscenza fondata sul nulla, dove si è disposti a mettere in discussione la parola dei tanti sopravvissuti che ora ormai hanno finito il loro compito in questa vita, ecco che in maniera postuma comprendiamo sia il valore delle testimonianze materiali come quelle di Boix e di tanti come lui, sia perchè il distino, alle volte, decida di salvare alcuni di noi per una missione grande quanto la vita stessa.

Se scavare nella memoria ogni anno fa male a tutti noi, pensate quanto è stato doloroso per molti sopravvissuti scavare nelle fosse comuni per cercare i propri cari e dargli una degna sepoltura.

Comment here