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Sant’Antonio da Padova compatrono di Portoscuso e la metafora delle reti

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I  pescatori, in particolare provenienti dalla regione siciliana, giunti a Portoscuso già agli inizi dell’attività della Tonnara Su Pranu, oltre a congiungersi nel contesto sociale dove effettuavano la pesca, hanno favorito un arricchimento culturale, storico ed economico portando con sé, dal loro paese d’origine, esperienze di vita di usi e tradizioni, credenze e tradizioni popolari come pure la devozione dei santi.

Un intenso senso di religiosità popolare si svela dalla Chiesa dedicata a Sant’Antonio da Padova; il culto del Santo lo si deve ai pescatori che nel corso dei secoli si rifugiavano nella piccola chiesetta della Tonnara per trarre forza spirituale, morale e fisica per affrontare le fatiche della mattanza. Qui, il rais pregava con i tonnarotti  prima di mettere in mare le barche per le mattanze e, al loro ritorno della pesca, rientravano in chiesa per il ringraziare della fruttuosa pesca e per aver scampato da qualche pericolo in mare.

A Portoscuso è accertata da sempre la devozione di Sant’Antoneddu de Tonnaria come protettore dei tonnarotti. La memoria del culto del santo francescano è verosimilmente portata dai siciliani nel bacino di tutto il Mediterraneo, in ricordo del miracolo avvenuto nelle lontane coste native, presso la  parrocchia palermitana di a’ Rinedda per il ritrovamento della statua del Santo sottratto al mare per caso, mpigliato tra le reti insieme ad una copiosa e mai vista quantità di pesce. Da allora i tonnarotti di a’ Rinedda fanno di questo Santo il protettore dei pescatori. Ancora oggi, il tredici giugno, la statua del Santo viene portata in spalla in processione tra le vie dell’antico borgo di pescatori. Di altre indicazioni, ovvero del perché questo Santo sia stato accolto dai pescatori come protettore, non si hanno attestazioni storiche. Bisogna quindi tornare indietro nel tempo, ai flussi migratori siciliani che dalle loro coste portarono la devozione nelle tonnare del mediterraneo.

“Dal racconto di vecchi pescatori, – commenta Leo Basilio Pusceddu,  presidente dell’Associazione Culturale Sardinian Evnets, – nei racconti di mare di Folco Quilici, il famoso regista, narrava che i tonnarotti nel calare le reti in mare, intonassero una vecchia canzone che lodava una certa “Lina”, ovvero la rete appena calata in mare. Veniva cantata come una “signorina ancora pura”, quando la rete sarà in mare con i tonni all’interno, “Lina” non sarà più “innocente”, ma avrà perso la sua “purezza”. “Lina”, entrata in acqua, fecondata dall’arrivo collettivo dei tonni, era vista come ventre fecondo; e i tonni, di quel ventre fecondo sarebbero stati allo stesso tempo, molestatori e figli da generare. Sant’Antonio da Padova, protettore delle spose, è il santo delle tonnare, a lui i tonnarotti chiedono la grazia, identica a quella delle spose perché le reti siano traboccanti di pesce. Se la grazia non era concessa,  il Santo veniva “minacciato” e  gettato in mare dai pescatori;  la statua, – continua il racconto di Quilici, – veniva poi ripescata non appena il primo gruppo di tonni era entrato nelle reti. Quando questo accadeva al primo issare delle reti cariche di tonno, i tonnarotti cadenzavano le operazioni della cattura dal ritmo di un canto “scialom, salaam” ovvero “benvenuto”. Sant’Antonio da Padova è tra i santi più amati dalla devozione popolare, non solo i tonnarotti chiedono celesti grazie, a lui si rivolgono una moltitudine di fedeli  per  ottenere intercessione e miracoli”.

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