A Sant’Antioco non si placano i malumori dopo la concessione di un finanziamento di 70mila euro deliberato dalla giunta Regionale, capitanata da Christian Solinas, a favore dell’associazione no profit “Il filo dell’acqua” che dovrebbe scongiurare la chiusura del “Museo del Bisso” che, come abbiamo già specificato, non è mai esistito nella cittadina lagunare. Due gli schieramenti in campo: uno pro Chiara Vigo, quindi per la riesumazione del laboratorio dell’artista, l’altro a favore di un’eventuale Museo ma con all’interno tutte coloro che tessono il Bisso, quindi le sorelle Assuntina e Giuseppina Pes. È superfluo riproporre le stesse domande che avevamo avanzato nel precedente articolo (https://www.ajonoas.it/santantioco-il-bisso-e-di-tutti-o-di-pochi/) perché ad oggi nessuna risposta è arrivata né dagli amministratori regionali tantomeno da quelli locali che si chiudono nel più stretto riserbo, nonostante parte della cittadinanza abbia chiesto a gran voce, nei canali social, un incontro pubblico per chiarire definitivamente questa situazione che dura ormai da anni. In una nota, che circola solo privatamente, emerge lo sconforto di chi non vuole che siano sovvenzionati i privati per una questione così importante per Sant’Antioco ma ritengono che tali risorse debbano essere destinati ad un ente pubblico in modo che possa gestirli in modo più trasparente. Ma nella nota non ci si chiede solo questo ma si vorrebbe sapere dal “Governatore e dai suoi assessori se siano al corrente che i filamenti che costituiscono il Bisso non si possono più raccogliere perché provengono da un bivalve, la Pinna Nobilis, di cui è vietata la raccolta se non per scopi scientifici.” Quindi da dove proviene il bisso utilizzato per tessere le opere? Quello in possesso delle sorelle Pes è stato donato da Emma Diana, figlia del maestro Italo Diana, e risultava essere stato custodito dopo la morte del padre dai famigliari, chiaramente può essere utilizzato solo per manufatti che devono essere poi offerti a enti religiosi. Il dubbio è sempre lo stesso: che chi ha deliberato non abbia contezza della storia del Bisso e dei suoi tessitori. Sarebbe bastato sentire uno dei più massimi esperti del settore, la svizzera Felicitas Maeder che da decenni studia il filamento e la sua storia oltre a gestire il progetto bisso presso il museo di storia naturale di Basilea, tra l’altro invitata l’inverno scorso proprio dal comune di Sant’Antioco per inaugurare una mostra sui lavori del maestro Italo Diana. Perché il sindaco, Ignazio Locci, non ha suggerito al presidente della Regione il nome dell’esperta in modo che potesse fornire un’informazione più completa? Forse vige l’imperativo “l’importante se ne parli”? Esistono pubblicità positive per il paese altre meno produttive e di certo l’atmosfera che regna su questo argomento non è dei migliori ma l’unico arbitro in questa situazione non può che essere il primo cittadino, nato a Sant’Antioco e cresciuto a pane e politica, quindi conoscendo tutte le dinamiche che ruotano attorno al bisso non potrà tacere per sempre.
Le pagine di questo giornale restano in attesa di un suo pensiero, chiaramente continueremo a trattare l’argomento informando i nostri lettori di tutti gli sviluppi del caso.
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