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Presentato a Nuoro e in streaming, attraverso i Circoli dei Sardi, il nuovo libro di Stefania Cuccu

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Si è svolta a Nuoro, venerdì 9 Dicembre, presso “Il giardino di Nicola” la presentazione del libro “Figli di Sardegna, racconti di vita II” di Stefania Cuccu .

L’incontro ha visto la partecipazione calorosa di numerose persone della città di Nuoro e la partecipazione di tanti emigrati collegati tramite la piattaforma zoom.us, la piattaforma Facebook del laboratorio “Distanti ma uniti.Casa Sardegna on line” e in collegamento streaming con la tv digitale  “Ajò Noas”.

E’ stato un momento di condivisione dove non solo la scrittrice, ma anche e soprattutto i protagonisti sono “usciti da quelle pagine del libro per parlare della loro vita e del loro amore per la Sardegna“.

Il testo rappresenta infatti, una raccolta di storie di vita legate alla nostra terra: la Sardegna. È il racconto di persone semplici che hanno fatto della propria esistenza un capolavoro aiutando le persone in difficoltà o lavorando per portare la Sardegna oltre i confini regionali e nazionali, è la storia degli emigrati sardi, ma è anche il racconto di chi ha attraversato drammi profondi e ha avuto la forza di ricominciare.

Persone comuni, della porta accanto, che non sono mai entrate a far parte dei programmi televisivi o dei giornali, ma che con la loro vita sono un grande esempio per gli altri e per la Sardegna.

Ed è questo uno dei tanti motivi che spinge Stefania a scrivere libri dedicati figli di Sardegna: lasciare traccia.

Lo fa per l’oggi, ma lo fa soprattutto per il domani, per le future generazioni.

Lo fa per l’oggi: dopo due anni dove tra covid e guerre abbiamo bisogno di sentir parlare del bello che c’è intorno a noi. E il bello sta nelle persone che continuamente incrociano il nostro cammino.

Lo fa per il domani: perchè queste storie siano di esempio a chi si trova ad affrontare momenti di sconforto o di difficoltà, e siano d’esempio per i nostri ragazzi ormai incantati dagli influencer della TV. I nostri influencer non dobbiamo cercarli lontano, sono le persone che camminano accanto a noi e che con il loro esempio hanno fatto della loro vita un capolavoro.

Come dice Franco Mascia:

“Dare voce agli invisibili è qualcosa di sublime; venire a conoscenza della vita di sardi che non conosci è fantastico.

Facciamo parte di una gran bella comunità anche se tal volta lo scordiamo, non so se per il poco interesse o la fretta, ma non ci si ferma mai a concedere e concedersi al prossimo.

Questo libro parla di noi sardi, della nostra terra e ha un profumo particolare…

un profumo di terra, quella che quando ti entra nelle narici e nel cuore, ovunque tu vada… non la scorderai mai più perché è profumo di casa, profumo di mamma, profumo di Sardegna.”

 La serata è stata animata dalla voce dei protagonisti intervenuti on line e dei protagonisti presenti tra i quali Maurizio Fadda, agronomo e poeta nuorese, Renato Pischedda della Associazione SVS viaggi per la salute che si occupa di migrazione sanitaria e Sergio Cavoli presidente della associazione ASMS Sardegna che si occupa di sclerosi multipla e a cui sono devoluti i ricavi di questo libro.

La serata si è conclusa con un racconto letto da Stefania, tratto del suo primo libro “Gesturi ricordi d’infanzia” che ha voluto svelare una parte della sua vita che ha contribuito a portarla a scrivere libri dedicati ai figli di Sardegna:

“IL CARNEVALE

Quando finirà la pandemia e potrò viaggiare per il mondo, ho previsto una tappa a Venezia per conoscere il Carnevale. Ho un debito con questa festa, che ho sempre vissuto come un periodo da cancellare dal calendario, per un motivo ben preciso.

Quando ero piccola, mio padre lavorava nella marina militare ed era spesso imbarcato per periodi molto lunghi. Così capitò che quell’anno, durante il Carnevale, lui non fosse in famiglia. Suonarono al campanello due ragazzi con il volto coperto e gli abiti colorati. Mia madre li fece entrare felice di vedere delle mascherine, li invitò a sedersi offrendo loro da bere e da mangiare.

Ricordo che non parlavano e nonostante gli inviti, anche scherzosi, di mia madre a togliere la maschera per conoscere chi fossero, continuavano a tenere il volto coperto. A un certo punto si alzarono dalla sedia, presero la bottiglia della coca cola, che all’epoca era in vetro, e usciti in cortile la spaccarono sbattendola contro il muro.

Io rimasi terrorizzata nel vedere quella scena che ricordo come fosse oggi e non ho più festeggiato il Carnevale. La considero una festa pericolosa perché dà occasione alle persone malintenzionate di compiere cattiverie protette da una maschera.

Quel disprezzo per le “maschere” si è spinto oltre portandomi, anche attraverso i miei studi, al desiderio di conoscere le persone nella loro essenza, lontane dalla maschera che utilizzano nella vita di tutti i giorni. Al contempo, ho sempre avuto molta stima e ammirazione verso le persone ricche dei veri valori umani, che senza bisogno di apparire, sanno vivere la vita con sensibilità d’animo dedicandosi al prossimo e amando la vita per ciò che ogni giorno sa donare”.

Di Elio Turis

 

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