Un fulmine a ciel sereno. Pochi mesi prima avevamo allestito una piccola mostra all’interno di un grande evento realizzato presso il Dipartimento di Architettura di Alghero, proseguimento naturale di un progetto nato in seno al dipartimento in un corso di Alta Formazione. Poi, di colpo, quel silenzio interrotto da una notizia: non c’eri più.
Era il 13 Maggio 2016 quando restammo tutti attoniti, sia noi addetti ai lavori sia tutto il mondo culturale e non solo, per quella grande perdita. Pinuccio Sciola, figlio di quel sud Sardegna per tanto tempo lasciato ai margini e risalito vertiginosamente grazie all’impulso dell’uomo fatto di pietra, come amava anche lui definirsi. Quel 13 Maggio la Sardegna perdeva una delle più vulcaniche personalità artistiche figlie della nostra terra, un artista che non aveva mai smesso di esprimersi con quel nuovo linguaggio artistico che comprendeva materia e suono, da sempre ritenute diametralmente opposte.
Con lui si fondevano armonia delle forme e suono ancestrale, richiamo acustico a cui nessuno riusciva a resistere senza provare un emozione viscerale comprensibile solo dopo aver ascoltato lui, “l’uomo nato da una pietra”. Era calcare, quando con la mano accarezzava le superfici candide e lisce che richiamavano l’elemento di cui maggiormente siamo formati: l’acqua. Era basalto, quando strofinando una pietra sopra la superficie ruvida e porosa, si udivano ancora i movimenti magmatici appartenuti ad un passato millenario in attesa del suo traduttore. Era uomo, quando trasformò una piccola comunità cittadina in un centro d’attrazione artistica, dove personalità del luogo e non solo si confrontavano e costruivano insieme a lui il Paese Museo che oggi abbiamo ereditato.
Per questo motivo, tutt’ora, andare a San Sperate significa rendere omaggio all’artista che attraverso la scultura ha dato vita alla materia inerte, voce a millenni di storia della terra capaci di raccontare chi eravamo anche ora che Sciola è tornato ad essere roccia e memoria della nostra terra.
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