Le ho conosciute a scuola, in un college a Cambridge. Era il primo viaggio che Rosemary, affrontava da sola. Pensava non sarebbe mai riuscita a farlo. Ancora ragazza, aveva assistito alla morte improvvisa del padre, davvero troppo giovane per quell’l’appuntamento. L’angoscia, come una subdola ombra nera, scivolosa e appiccicosa le si era insinuata dentro, lentamente, ma inesorabilmente, fino a impossessarsi totalmente della sua vita. Combatteva da anni contro i suoi demoni. Li aveva indeboliti, ma la bestia nera continuava a farle visita di tanto in tanto, sotto diverse forme. Non voleva abbandonarla.
Si sentiva più leggera, ma non del tutto “libera”. Era decisa a battersi in ogni modo, per riprendersi se stessa e la sua libertà. Un corso in Inghilterra, era stato l’occasione per provare a lasciarsi alle spalle, panico e agorafobia.
Io avevo scelto di stare in famiglia, e come Rosemary, un corso full time, in classe con altri stranieri. Ero la più grande di tutto il gruppo e l’unica italiana.
È in quel contesto per me estraneo, dove non parlavo e non capivo benissimo la lingua, che ho conosciuto anche Shaba, una ragazza iraniana, poco più piccola di me. Capelli corti biondi. Indossava spesso pantaloni, maglietta e mocassini colorati.
Durante le lezioni, mi divertivo a distinguere le diverse nazionalità dalla loro pronuncia inglese. Rosemary pronunciava l’inglese con la erre moscia, mentre Shaba, sembrava recitasse il Corano. Stessa cantilena e stessa sonorità. Il mio accento invece, era “sardinglish”.
Shaba era in Inghilterra per un corso di formazione e avrebbe trascorso lì qualche mese. Nella compagnia per la quale lavorava, occupava un ruolo dirigenziale. Nel biglietto da visita, scritto in arabo e inglese, che conservo da allora c’è scritto: Mananging Director. Nella foto del profilo professionale indossava il chador nero, appuntato sotto il mento. Sembrava una crisalide!
In Europa, credo si sentisse una farfalla!
Tutt’e tre lì per la prima volta, straniere, libere di confrontarci senza pregiudizi, con i soli limiti delle nostre competenze linguistiche.
L’ultima parte della lezione, legata alla comunicazione verbale, si svolgeva in un pub. Parlavamo delle nostre vite. Io dei miei figli maschi, Shaba delle sue due femmine, e intuivo dai suoi discorsi, che per loro avrebbe desiderato una vita fuori dall’Iran. Voleva che studiassero in Europa.
Io, Shaba e Rosemary passavamo molti momenti insieme, anche oltre la scuola. Ero davvero affascinata dalle storie delle loro vite e da quel presente!
Son tornata dal viaggio rigenerata, arricchita, più curiosa e impaziente di ripartire l’estate successiva, per una nuova destinazione.
Anche Rosemary, era pronta a ripartire. Questa volta per Teheran. Sarebbe andata a trovare Shaba. Il panico non la spaventava più.
Le sbarre che imprigionavano la sua libertà, si erano finalmente allentate! Non senza dolore!
Anche Shaba, era tornata alla sua routine e alle regole del suo paese.
Addio capelli al vento. Addio chiacchierate nei locali e addio tennis e libere uscite.
Le manifestazioni delle donne iraniane e le repressioni violente di queste settimane, mi hanno fatto ripensare molto a Shaba, a Ros, e al diverso peso e significato che “libertà e coraggio” dovevano avere per ognuna di noi.
Il panico, l’ansia e l’angoscia sono compagne scomode del nostro tempo e della nostra società opulenta. La grande diffusione degli antidepressivi nel nostro paese ne è la testimonianza. Sono mostri che condizionano e limitano pesantemente l’agire quotidiano, non di raro rendono impossibile il lavoro e la socializzazione. Sono mostri invisibili agli altri, ma prepotentemente presenti, pronti a saltar fuori senza alcun preavviso.
La disperazione porta a intraprendere percorsi inconsueti. Ognuno ha il suo. Ros, da dieci anni non si separava mai dalle sue gocce, le portava con se come un salvagente. Non aveva mai aperto quei flaconcini, ma li rinnovava ad ogni scadenza. Questa volta però, Ros aveva avuto davvero grande coraggio.
Era partita sola e senza le gocce! Brava Ros! Shaba e la sua famiglia?
Si saranno unite alle proteste che stanno infiammando l’Iran?
Avrà scelto di togliere il velo, di bruciarlo, in nome di quella libertà che lei aveva potuto apprezzare?
Da ogni dove le donne si uniscono alla protesta, si oppongono alle regole imposte dai capi politici e religiosi, che impongono limitazioni inaccettabili a giovani: uomini e donne, che vogliono vivere il loro tempo, andare a scuola, fare sport, sposarsi con chi amano e non con chi i genitori scelgono per loro.
Fa orrore il caso di Abbas, la ragazza italiana di origine pakistana, che rifiuta un matrimonio combinato con un cugino più grande di lei.
Per salvare l’onore della famiglia, l’hanno strangolata, fatta a pezzi e gettata nel fiume. I genitori hanno compiuto un dovere sociale e religioso, che si scontra con la morale della nostra società. Al Dio non si può disobbedire e in molti stati, ancora oggi, l’onore di un uomo viene stabilito dall’alto, dai sacerdoti, che in modo violento rappresentano la volontà di Dio.
Insieme all’arcaica superiorità dei maschi c’è il credo religioso, che pur nascendo dall’amore si è trasformato in intolleranza, potere oppressivo e tirannia.
Anche nella nostra religione ci sono voluti secoli per uscire dal dispotismo di una chiesa totalitaria che aveva tradito le parole di Cristo, per torturare a morte, chi riteneva fosse nemico di Dio. Le donne ritenute pericolose per la società, venivano messe al rogo e bruciare come streghe, in pubblica piazza. Lo stesso Galileo Galilei venne condannato per eresia, per le sue teorie sui corpi celesti, in contrasto con le teorie della chiesa di allora.
La Costituzione Iraniana, prevede pari dignità sociale ed economica per le donne, ma seguendo le regole della sharia, il complesso di regole di comportamento, di condotta morale e religiosa dettato da Dio, che non significa sempre l’imposizione del burqa, la lapidazione o il divieto per le donne di studiare o svolgere determinate attività.
I diritti non sono acquisiti per sempre, ma temporanee concessioni. Misure più o meno restrittive vengono introdotte, in base al regime di quel momento, con concessioni o nuove restrizioni.
Mentre Shaba, frequentava il corso in Inghilterra, nel suo paese, furono trasformate le scuole femminili in “zone vietate agli uomini”. Alle insegnanti era vietato accedere alle aule maschili e viceversa.
Lo stesso accadeva nei servizi ospedalieri.
Donne con donne e uomini con uomini.
La morte di Mahsa Amini, la prima vittima della “polizia morale”, che aveva indossato male il velo, lasciando scoperte alcune ciocche dei suoi capelli scuri, ha innescato uno tsunami.
La rabbia esplosa con la sua morte, diventa causa scatenante e simbolo della rivolta. Richiama nelle piazze e nelle strade migliaia di giovani, che manifestano a costo della propria vita. Lavorano di giorno e la sera, seppelliscono i loro morti, bruciano veli e chador o li sventolano dalle auto, in segno di disobbedienza. Tagliano le loro lunghe code, urlano il loro diritto a scegliere il proprio destino.
Come Hadis, la giovane ragazza dalla lunga coda bionda, scesa in prima linea al grido di “donne, vita, libertà”, intenta a legarsi i capelli quando viene raggiunta dai proiettili.
Ormai da quattro settimane, manifestano sempre più numerose contro le autorità, che tentano inutilmente di reprimere il dissenso che dilaga e che coinvolge anche gli studenti e le università.
Il numero degli arrestati e dei morti sale ogni giorno. Fra le vittime, anche molti giornalisti.
Questa coraggiosa marea umana si estende e non arretra. Avanza con sempre più determinazione, per spezzare le catene politiche e religiose che tengono interi popoli e le donne, emarginate e sottomesse.
Le autorità minacciano chi sostiene la rivolta, accusano i paesi occidentali di fomentarla.
In Iran, in Siria e in altre parti del mondo, i diritti pesantemente ridotti secondo le leggi imposte dalla religione, o da regimi totalitari devono ancora essere pienamente acquisiti e nulla può essere conquistato senza la disobbedienza e il dissenso.
È triste ammettere che, per essere liberi, prima bisogna morire!
di Chiara Bellu
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