Oggi è la giornata del ricordo del genocidio degli Armeni: 1,5 milioni di morti causati dall’Impero Ottomano. Ogni anno, centinaia di migliaia di Armeni si recano al Memoriale delle vittime del Genocidio a Yerevan, Tsitsernakaberd, per rendere omaggio alle vittime. Quest’anno, causa pandemia da Covid-19, l’accesso al memoriale sarà chiuso, il ricordo si svolgerà allora in un modo molto particolare. Ogni partecipante accenderà una candela, dando vita ad una cerimonia virtuale. Nel memoriale sulla Collina delle Rondini verranno proiettati i nomi dei partecipanti, per assicurare una sorta di presenza ‘simbolica’ intorno alla fiamma perenne.
Le testimonianze sul genocidio (negato o non riconosciuto da molti paesi) si possono trovare in diversi angoli del mondo, dove i discendenti dei sopravvissuti hanno trovato rifugio e creato delle comunità armene. Solo una trentina di nazioni hanno riconosciuto il dramma, tra cui l’Italia. La Camera dei Deputati affrontò la tematica nel 2000, adottando lo scorso anno una mozione che impegna il governo a riconoscere ufficialmente il genocidio e darne risalto internazionale.
“Siamo grati a tutti quegli Stati, organizzazioni internazionali, leader religiosi e laici che hanno espresso solidarieta’ al popolo armeno e riconosciuto e condannato il genocidio», ha affermato Pashinyan. “A causa del genocidio, il popolo armeno non solo ha subito enormi perdite umane, ma è stato sottoposto a deportazioni e ad un genocidio culturale. La perdita dell’eredita’ spirituale e religiosa e’ stata irreparabile, il suo danno materiale enorme”.
Nonostante la maggior parte degli storici abbia riconosciuto come genocidio le uccisioni di massa, le stragi e le deportazioni compiute nei confronti degli armeni e di altre minoranze etniche e religiose sotto l’Impero ottomano dal 1915 al 1920, la Turchia ha intrapreso per anni una vera e propria battaglia diplomatica di stampo negazionista per sollecitare la comunità internazionale a non utilizzare la parola “genocidio” per descrivere la politica di sterminio. Ankara ha ripetutamente negato le accuse di aver commesso un genocidio, sostenendo che le vittime della violenza fossero sia armene che turche, e che al massimo riguardavano 500mila persone. Un aspetto che è stato ampiamente smentito dall’apertura di tanti archivi, tra cui quello della Santa Sede, uno dei più completi al mondo.
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