L’emergenza sanitaria causata da Codiv-19 non ferma gli sbarchi, infatti è di pochi giorni fa l’arrivo di un’imbarcazione, con a bordo sei migranti, a Teulada nella spiaggia di Porto Tramatzu.
Sono stati intercettati dalle Forze dell’ordine e con la collaborazione del personale dell’Ufficio Immigrazione hanno valutato la situazione e preso provvedimenti.
Non è l’unico caso purtroppo, dopo tre settimane di inattività a Lampedusa il 6 aprile 36 migranti sono approdati a bordo di un barcone nel porto, tra di loro 11 donne, due in stato di gravidanza. Gli extracomunitari sono stati trasferiti nell’hotspot dell’isola dove saranno sottoposti a quarantena.
Sono diverse le segnalazioni di sbarchi “autonomi” nei piccoli porti, preoccupazione da parte della popolazione che assiste alle attese di queste persone sulle banchine per ore in attesa di trasferimento.
In giornata per far fronte all’emergenza nell’emergenza è stato firmato da quattro Ministri, dei Trasporti De Micheli, degli Esteri e Cooperazione Internazionale Di Maio, dell’Interno Lamorgese, della Salute Speranza il decreto che dichiara l’Italia “porto non sicuro”.
“A livello internazionale se ne stanno occupando i ministri per individuare delle soluzioni – ha dichiarato Borrelli – siamo coscienti che i porti in questo momento di emergenza epidemiologica sono un pericolo per tutta la popolazione se pensiamo alla difficoltà di gestire la quarantena. L’evoluzione è proprio la firma di questo Dm che dichiara i nostri porti non sicuri”.
Il decreto si rifà alla Convenzione di Amburgo e afferma che “i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area di Ricerca e soccorso italiana”.
Nel frattempo la nave privata dell’Ong tedesca Alan Kurdi, che ha ospitato i 150 migranti intercettati al largo della Libia, per l’emergenza del coronavirus globale potrebbe non trovare un porto per lo sbarco. La nave, secondo i dati tratti dal sito Wesselfinder è al largo di Lampedusa, in attesa dell’assegnazione di un “Place of Safety di sbarco”.
Protestano le Ong Medici Senza Frontierte, Sea-Watch, Open Arms e Mediterranea :
“Con un decreto il cui scopo evidente è quello di fermare le attività di salvataggio nel Mediterraneo, senza fornire alternative per salvare la vita di chi scappa dalla Libia, l’Italia ha privato i suoi porti della connotazione di ‘luoghi sicuri’, propria di tutti i porti europei, equiparandosi a Paesi in guerra o dove il rispetto dei diritti umani non è garantito e operando una selezione arbitraria di navi a cui l’accesso è negato. Sarebbe stato possibile trovare molte soluzioni diverse, conciliando il dovere di garantire la salute di tutti a terra con quello di soccorrere vite in mare, un dovere che non può mettere sullo stesso piano le navi di soccorso con le navi da crociera”
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