Padre Jean-Pierre Schumacher, ultimo superstite del massacro del monastero trappista algerino di Tibhirine nel 1996 deceduto il 21 novembre, ha avuto diritto il 23 novembre, a supremi onori prima di essere sepolto a Midelt. La popolazione locale ha reso omaggio all’uomo definendolo “uomo discreto”, “erudito” e “grande bontà”.
Jean-Pierre Schumacher, 97 anni, è stato l’ultimo sopravvissuto all’atto ignobile perpetrato contro sette monaci trappisti del monastero di Tibhirine, rapiti e assassinati nel 1996 durante la guerra civile in Algeria. Le circostanze di questo massacro, che le autorità algerine hanno cercato di nascondere, non sono ancora chiarite. Solo le loro teste decapitate erano state ritrovate su una strada, due mesi dopo il rapimento.
La tesi ufficiale avanzata all’epoca d’Algeri descriveva un rapimento e poi un assassinio, rivendicati dal Gruppo Islamico Armato (GIA) in piena guerra civile, ma restano dubbi sulla possibile implicazione dei servizi segreti militari algerini (DRS).
Quattro anni dopo il dramma, Jean-Pierre Schumacher si trasferì in Marocco, dove divenne priore di una piccola comunità di monaci trappisti dell’Ordine cistercense nell’Atlante marocchino. L’uomo diceva spesso che la sua “sopravvivenza era un appello di Dio a testimoniare”.
Un altro sopravvissuto della tragedia, Padre Amedeo Noto, è morto nel 2008.
Cronologia:
Il 26 aprile 1996 un comunicato del GIA (Gruppo Islamico Armato) firmato dall’Emiro Abu Aderrahman Amine, alias Jamal Zitouni, rivendica il rapimento dei monaci e propone alla Francia uno scambio di prigionieri.
Dopo due mesi di sequestro, i sette monaci sono stati ritrovati morti il 21 maggio 1996. Lo stesso giorno, un secondo comunicato del GIA, firmato di nuovo da Jamal Zitouni, annunciava l’assassinio dei sette monaci.
In seguito alle ricerche dello storico americano John Kiser e alle rivelazioni del generale François Buchwalter nel 2009, addetto militare dell’ambasciata di Francia ad Algeri all’epoca, la tesi della mano dell’esercito algerino è messa in evidenza.
I sette monaci assassinati sono Luc Dochiet, Christian de Cherge, Christophe Lebreto, Michel Fleury, Bruno Lemarchand, Célestin Ringeard e Paul Favre Miville.
Procedura per sapere cosa è successo:
Il 9 dicembre 2003 è stata depositata una denuncia a nome dei familiari del Lebreton e dell’Armand Veilleux.
Nel febbraio 2004, la Procura di Parigi ha aperto un’inchiesta giudiziaria per “rapimenti, sequestri e omicidi in relazione a un atto terroristico”.
L’istruzione è affidata al giudice Jean-Louis Bruguiere.
Nel maggio 2006, l’avvocato delle parti civili Maître Patrick Baudouin ha denunciato la lentezza dell’istruzione.
Dal 2007 il giudice istruttore Marc Trevidic è responsabile del caso. L’istruzione è tuttora in corso.
Alla fine del 2009, la commissione consultiva per il segreto della difesa nazionale ha autorizzato la declassificazione dei documenti dalla Direzione centrale dell’intelligence interna.
L’11 marzo 2011 l’Association Française des Victimes du Terrorism (AFVT) si è costituita parte civile in questo caso.
Nell’ottobre 2014 i giudici Marc Trévidic e Nathalie Poux si sono recati in Algeria con un gruppo di esperti. Dopo il riesame delle teste dei monaci, sono stati effettuati dei prelievi, ma le autorità algerine si sono opposte al loro trasferimento in Francia.
Un primo report di esperti è stato comunque consegnato alla giustizia francese, nel giugno 2015, sulla base di sole constatazioni effettuate sul posto. Tale rapporto stimava già “verosimile l’ipotesi di un decesso [dei monaci] tra il 25 e il 27 aprile 1996”.
Solo nel giugno 2016 le autorità algerine hanno accettato di trasmettere ai magistrati questi prelievi per analisi scientifica.
Ventidue anni dopo, la relazione dell’autopsia sulle spoglie dei monaci di Tibhirine, pubblicata giovedì 29 marzo 2018, consolida i dubbi sulle reali circostanze di morte dei religiosi. I monaci sarebbero stati uccisi un mese prima dell’annuncio ufficiale della loro morte e poi decapitati dopo la loro morte. Il fascicolo è ancora aperto.
di Belkassem Yassine
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