London Bridge is down. Con questo messaggio è scattato il protocollo stabilito per la morte della Regina Elisabetta II, le cui istruzioni dovevano essere top secret: solamente gli appartenenti ai Windsor, il Governo Britannico e la BBC avrebbero avuto i dettagli sul da farsi, in caso di morte per malattia.
Ora, quel momento, è arrivato. Se ne è andata la donna che più di tutti è riuscita a condensare in se due secoli di storia: il novecento, saturo di guerre mondiali, tra morti e distruzione, e gli anni duemila, partito col piede sbagliato: crisi economica globale, epidemia di Covid ed incertezza politica che hanno contraddistinto questi primi 22 anni.
Dopo aver avvisato reali e governo britannico, l’infausta notizia è stata diffusa dal Global Response Centre del Foreign Office ai 14 governi che riconoscono la regina come Capo di Stato e, di seguito, ad altri 36 Paesi membri del Commonwealth.
“Elizabeth will be there forever” sentenziavano gli inglesi, quasi a voler esorcizzare il paradosso di volerla “eterna” anche ad età avanzata; per quanto alcuni sudditi di sua maestà mettessero in discussione la monarchia, tutti in Gran Bretagna si auguravano un regno infinito della loro Regina.
“Lei è il sole, noi i pianeti che le girano intorno”, sono le parole con cui Filippo d’Edimburgo aveva spiegato a tutti, figli compresi, chi era Elizabeth Alexandra Mary, nata il 21 Aprile 1926, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth. Figlia primogenita di re Giorgio VI, divenne regina all’età di venticinque anni, alla morte del padre, il 6 febbraio 1952; poi incoronata il 2 giugno 1953 nell’Abbazia di Westminster.
Se il marito Filippo, qualche tempo prima di morire, ai suoi confidenti aveva detto: «Non riesco a immaginare nulla di peggio che campare fino a 100 anni», una delle sue tante battute in British humor, Elisabetta II credo abbia fatto di tutto per restare sul trono il più a lungo possibile. Nessuno, a parte i suoi medici personali, si sarebbe aspettato un incedere degli eventi così repentino. Il 6 Settembre nel castello di Balmoral, in Scozia, – prima volta in 70 anni di regno – c’era stato il tradizionale kissing hands, la cerimonia del baciamano (ormai solo teorica) con la quale viene suggellato il conferimento dell’incarico di Primo Ministro, ed oggi, dopo appena due giorni, la Regina ha smesso di respirare.
Un coup de théàtre in puro stile elisabettiano: prima i doveri verso la nazione, poi la persona. «Siamo un popolo moderato e pragmatico, più a suo agio con la pratica che con la teoria», continuava a sostenere: ebbene, su questo, nessuno ha mai avuto dubbi. Per non smentirsi, nel momento in cui forti venti di indipendentismo sferzano molto di più di quelli atmosferici la Scozia, Elisabetta ha ceduto il passo proprio lì, riuscendo a cambiare i piani stabiliti per la morte della sovrana aprendo la strada al cosiddetto Operation Unicorn, ulteriore protocollo nel caso in cui la sovrana dovesse morire in territorio scozzese. “No sooner than done”, detto fatto.
È inutile negare che, tra i tanti motivi per cui riconosciamo Elisabetta quale figura iconica, ci sia l’abbigliamento a forti tinte cromatiche che l’hanno contraddistinta per anni: non a caso la scelta dei colori accesi era un modo per rendere riconoscibile la sovrana in mezzo alla moltitudine; nessuno infatti poteva indossare un abito dello stesso colore durante le apparizioni pubbliche, vicino alla regina.
“Nessuno di noi vive per sempre”, disse il primo novembre 2021: a 96 anni con 70 anni di regno, c’è da crederle sulla fiducia! Se confrontiamo l’ultima apparizione con le precedenti, poteva sembrare la vecchina del palazzo che ormai, curva e sorridente, dava il suo benestare sulle faccende condominiali. Invece eravamo di fronte all’ennesima performance della sovrana, una donna che è riuscita ad attraversare il tempo quasi beffandosene, senza piegarsi ad un ambiente prettamente maschile dove, seguendo la genetica, le donne hanno governato più a lungo e decisamente meglio.
Per Elisabetta non veniva solo prima la Corona, ma l’idea della corona stessa, incarnando questo ruolo di sovrana, madre, moglie e traghettatrice di una nazione che, volente o nolente, a lei sia aggrappava nei momenti più bui. In un momento storico in cui gli apparteniti alla monarchia finivano nei tabloid o nelle riviste di gossip, anzichè sui libri di storia come un tempo, la Regina ha saputo far fruttare il suo temperamento e le lezioni impartite dal suo principale mentore, il vulcanico primo ministro Winston Churchill, che dopo aver salvato una nazione dal nazismo spiegò alla giovane Elisabetta come farsi strada tra gli uomini più potenti del pianeta.
Ora, dopo 96 anni, è arrivato il momento dell’incertezza per la casata dei Windsor, come sottolinea Antonio Caprarica: per il giornalista italiano, che guarda oltre al regno di Carlo, il futuro della monarchia sarà del principe William.
Allora, non ci resta che dire: Long to reign over us, God Save the King!
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