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L’Egitto a due facce: da Celeste Aida a rosso vergogna

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Gloria all’Egitto a ad Iside, che il sacro suol protegge…così iniziava una celebre aria di Giuseppe Verdi, nella Marcia Trionfale dell’Aida, capolavoro del maestro di Busseto. Un’opera commissionata dal viceré d’Egitto Isma’il Pascià, come inno per celebrare l’apertura del Canale di Suez (1868).

Dopo tutto questo, dopo aver udito il capolavoro verdiano il cui eco risuona ancora oggi nelle orecchie dell’orbe terracqueo, ci ritroviamo in un momento di mestizia mista disappunto nel succedersi, nel giro di poco tempo, di due episodi quantomeno fuori luogo, sebbene per questo diametralmente opposti.

Per settimane abbiamo assistito al blocco del Canale di Suez, causato da una nave cargo le cui manovre errate hanno portato all’incagliamento della stessa. Errori che possono accadere, non certo l’intervento quantomeno imbarazzante dell’Egitto per disincagliare il cargo, che nel 2021 non credo possa aver luogo in un paese sviluppato, bloccando il commercio di mezzo mondo.

In tanti (ahimè troppi) hanno cavalcato la tesi della «maledizione dei faraoni», spiegata col disturbo arrecato agli antichi re egizi dall’imminente traslazione di 22 mummie dal Museo di piazza Tahrir. E ciò mi porta al secondo episodio, ossia “l’inchino alla storia impolverata, un’occhiatina a un turismo al collasso” come lo stesso Corriere della Sera ha detto.

Stiamo parlando della “faraonica” quanto pacchiana cerimonia di translatio corporis avvenuta ieri a Il Cairo, il grande trasloco dei resti mummificati di 18 re e quattro regine dell’Antico Egitto sono stati trasferiti a bordo di altrettanti carri decorati dalla loro attuale dimora – il Museo Egizio – fino al Museo Nazionale della Civiltà Egizia. Il tutto avvenuto con una parata degna dei Colossal in stile Hollywood dal sapore biblico di molti anni fa, con carri egizi trainati da cavalli e nocchieri vestiti da antichi egizi, carri motorizzati a forma di arca dell’alleanza dorata che trasportava i feretri regali.

Una diretta TV e una parata che stride con la modernità (e con il buon senso), ridicola seppur scenica, che mostra i due lati di un paese che non è in grado di gestire le criticità ma, in mondo visione, dietro la regia del controverso archeo-star Zahi Hawass studioso ormai perennemente in guerra con l’Europa per recuperare pezzi di storia passata, tenta di ristabilire una supremazia storica creando una sfilata “allegorica” per raccontare una nuova musealizzazione dei pezzi pregiati della collezione antica.

Speriamo che Tao II e Ramses IX possano ora riposare in pace.

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