Ho dovuto e voluto far passare del tempo prima di esprimermi sulla squallida vicenda che ha visto l’arresto di quasi un’intera caserma dell’Arma dei Carabinieri. Non ho voluto lasciarmi trascinare dall’impulsività e cercare di ragionare in maniera più serena.
Nella caserma Levante di Piacenza si è consumata una delle pagine più tristi non solo dell’Arma dei Carabinieri ma oserei dire dello Stato italiano. Sì, perché in ogni divisa delle forze dell’ordine, compresa la Polizia Municipale, è rappresentata la Nazione, l’Italia, lo Stato e la Democrazia. Valori morali ed etici difesi da tanti italiani, talvolta, a discapito della propria vita e sarebbe troppo semplice ricordare il Vice Brigadiere Salvo d’Acquisto perché sono migliaia coloro che si sono immolati in nome della giustizia e dell’onestà. Ma è molto più facile ricordare i gesti che sono fuori dall’ordinario mentre il lavoro silenzioso di tanti appartenenti alle forze dell’ordine è considerato normale routine, una consuetudine vedere per le strade la “Gazzella” dei Carabinieri che 365 giorni all’anno vigila sull’incolumità di tutti noi.
Uno sparuto gruppo di Carabinieri, anche se faccio fatica a definirli in questo modo, ha macchiato il lavoro e il sacrificio di chi ha giurato fedeltà alla Repubblica e quindi al rispetto di tutte quelle norme che sono a garanzia di una società che si possa definire “civile”. Chiaramente le reazioni immediate di una gran parte di cittadini non poteva che essere violenta al pari di quello che gli arrestati avevano combinato. Sono cadute in un attimo tutte le certezze che ognuno di noi pensava di avere, quelle aspettative che riponiamo in chi, per sua libera scelta, ha deciso di mettersi disposizione del prossimo. Chiaramente non dobbiamo generalizzare ma certamente possiamo analizzare una situazione che sta diventando sempre più frequente e che andrebbe arginata in maniera decisa e celere.
I primi accorgimenti presi dal Comandante Generale, Giovanni Nistri, sono stati quelli di azzerare i vertici del comando Provinciale di Piacenza, rei di non aver vigilato sul personale anzi di averlo premiato per il gran numero di operazioni di polizia effettuate. Quindi nel calderone, probabilmente, ci sono finiti anche chi non aveva responsabilità specifiche e chi veramente non sapeva delle malefatte di un gruppo organizzato nel delinquere. La speranza è che quest’ennesimo desolante evento funga da spartiacque per la Benemerita in modo che si riappropri di tutte quelle regole comportamentali che hanno permesso ai Carabinieri di essere stata la prima Arma dell’esercito e poi la quarta Forza Armata Italiana. Di sicuro questa bramosia relegata all’avanzamento di carriera e quindi alla spasmodica ricerca di risultati, non aiuta gli operatori di polizia e non consente loro di lavorare serenamente anche perché, generalmente, sulla strada ci sono i ruoli base e quasi mai quelli apicali. I “comandanti di uomini e di mezzi” dovrebbero avere il compito di coordinare le attività, motivare il personale, controllare il loro operato e premiare chi si distingue nel lavoro: ma siamo certi sia sempre così? Siamo sicuri che la meritrocazia venga sempre osservata? Oppure vengono valorizzati personaggi come quelli di Piacenza solo per i numeri di arresti effettuati senza però indagare come siano stati ottenuti i risultati? E se i vertici dell’Arma avessero saputo quello che accadeva nella caserma Levante siamo sicuri che lo avrebbero segnalato alla procura? Oppure avremo assistito ad un altro caso Cucchi? E ancora: è necessario il trasferimento degli ufficiali ogni tre anni specialmente in un periodo in cui la recessione economica è devastante? E quanto viene tutelato il Carabiniere che segnala ai propri superiori situazioni ai margini della legalità? Oppure viene emarginato e mobizzato come nel caso dell’Appuntato Riccardo Casamassima, testimone chiave nel caso Cucchi ridotto a bivaccare dietro una scrivania e demansionato come afferma continuamente sui social? E come mai questa escalation di suicidi di Carabinieri, possibile siano tutti legati a situazioni esterne al lavoro? A queste e altre domande dovrebbe rispondere il Generale Nistri che ha l’onere ma soprattutto l’onore di dirigere una tra le più prestigiose istituzioni del nostro paese. E le risposte dovrebbero essere chiare perché questo decadimento della Benemerita sia fermato nel più breve tempo possibile.
Mi rifiuto di credere che l’Arma dei Carabinieri si sia ridotta ad arruolare persone che sono solo alla ricerca di un lavoro o a una mera rincorsa alla carriera perché fare il Carabiniere è una missione, che può essere ricca di soddisfazioni ma anche di grandi sacrifici e privazioni. Di sicuro non può e non deve essere un ricettacolo di colletti bianchi e di aspiranti delinquenti. E non basta trasferire o punire ma bisogna prendere coscienza di una situazione grave, mettere un punto fermo e ripartire dagli uomini migliori di cui dispone l’Arma dei Carabinieri. Perché l’Arma continui ad essere un esempio di onestà e legalità ma che soprattutto torni ad essere “tra la gente e per la gente”.
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