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La sfida quotidiana di Mauro Caria, pescatore nello stagno di Marceddi’. La saggezza in mezzo al mare

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Prima di parlare di Mauro Caria, è d’obbligo una premessa, che rende omaggio alla sua figura d’uomo e di pescatore.

Un capolavoro indiscusso della letteratura mondiale, è firmato da Ernest Hemingway, con il libro “Il vecchio e il mare” del 1951 dove racconta la profonda unione tra l’uomo e la natura. Il protagonista del libro, fa chiaramente emergere, la forte connessione con l’ambiente che vive.

Nell’antica borgata marina di Marceddì, frazione di Terralba, le casette eco-sostenibili sono per quasi la totalità, di proprietà dei pescatori, edificate in ladiri colorati, i tipici mattoni sardi, formati da un impasto di terra, acqua e paglia essiccata.

E’ un luogo, che a parte il periodo estivo, ove regna il silenzio.

Dopo aver trascorso una settimana con mia moglie Daniela nell’abitazione messa a disposizione da zio Ignazio, terralbese fratello di mamma, lontano dai rumori della città e dello stress lavorativo del continente, grazie alla preziosa disponibilità di questo amico pescatore di vecchia data, ci siamo regalati una mattinata su una imbarcazione di pescatore.

Mauro Caria ha 64 anni trascorsi quasi nella sua totalità, in mezzo al mare. L’alba l’ha sempre vista disegnare nel cielo dello stagno di Marceddì.

Lui, un po’ guascone e po’ irriverente nei confronti della vita, è come il protagonista del best seller di Hemingway, ovvero un pescatore che vede nella preda che sta in mezzo al mare, non un nemico da distruggere ma un compagno nel quale, durante i suoi quotidiani peregrinare a pelo d’acqua, in un insistito inseguimento esistenziale, cerca di trovare una sinergia d’intenti, ovvero un accordo tacito e non contradditorio con la natura, che sa talvolta, essere meravigliosa e crudele.

Mauro il pescatore, incarna l’ideale eroico di Hemingway: un uomo che non soccombe di fronte alle avversità perché è capace di affrontarle con dignità e un sorriso sempre stampato sulle labbra oltre ad un innato ottimismo verso l’esistenza.

Mauro dalla sua barca, racconta al sottoscritto e a Daniela, di come sia dura la vita in mare, con le sue stagioni vessatorie, dei venti che possono con la loro insolenza, stravolgere gli esiti della pesca.

Posto sulla costa occidentale dell’Isola, Marceddì rappresenta un villaggio la cui economia è a vocazione ittica. Tale località trova collocazione innanzi a una pineta davanti alla laguna salmastra, estesa per 1400 ettari e tutelata dalla “Convenzione di Ramsar”, appare racchiusa a nord dallo stagno di Corru s’Ittiri, a sud dal bacino di San Giovanni.

Mauro narra di come ogni tipologia di pesce presente nello stagno, sappia a sua volta combattere allo stremo per la sopravvivenza, anche con furbizia, per eludere le trappole tese dell’uomo, nascondendosi nella sabbia, seguendo le correnti o saltando fra le maglie delle reti.

La fauna ittica è prolifica e rende unica questa zona grazie ai suoi muggini dai quali si ricava un’ottima bottarga, ma anche spigole, orate, cefali, ghiozzi, triglie, saraghi, granchi e arselle bianche.

Un uomo Mauro che come compagno di vita, ha il silenzio del mare che affronta con saggezza e perspicacia, bramando il desiderio dell’attesa di un qualcosa che deve accadere, con il coraggio e la nobiltà del lottatore d’animo, portando come proprio ed ineguagliabile simbolo di fierezza, la coesione con la natura che lo circonda.

Marceddì è tra le zone umide più suggestive di tutto il Mediterraneo, laddove fauna e flora fondono in un tutt’uno le loro inalterate ricchezze.

Mauro racconta dei vari specchi d’acqua che si affacciano sul Golfo tra Capo Frasca a sud, e Capo San Marco a nord, nei pressi della storica Tharros, diventata poi la città di Oristano più nell’entroterra.

Nello stagno centrale di San Giovanni, sboccano il Rio Sitzerri dal guspinese, il Flumini Mannu del Medio Campidano e il Rio Mogoro dalla Marmilla.

Ci siamo avventati fiduciosi e baldanzosi, sfidando lo scirocco della mattinata, per un’improba pesca che alla fine ha visto vincitori gli abitanti legittimi dello stagno, vista la resa di un piccolo numero di pesci aggrovigliati nelle reti che hanno fatto mucchio sull’imbarcazione.

Sconsolati osserviamo l’amico Mauro che con sagacia e saggezza, da stimato “lupo di mare”, afferma di non preoccuparsi che andrà meglio l’indomani sperando nella buona sorte a lui riservata dalla Rosa dei Venti.

E proprio come insegna nella sua morale Hemingway in “Il vecchio e il mare”, per Mauro l’importante è non arrendersi mai. Una delle prime lezioni di vita che fornisce la realtà che è simile alla finzione romanzata di una solida lettura.

Perché come evidenzia l’autore “un uomo non è fatto per la sconfitta. Può essere distrutto ma non sconfitto”.

E la vita, si sa, talvolta con le personali vicissitudini vissute, può essere terribile.

E questo Mauro, lo sa bene.

Di Massimiliano Perlato

 

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