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La Cina sta davvero studiando la tecnologia 6G?

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La Repubblica Popolare Cinese intende consolidare il proprio ruolo di principale contraltare all’egemonia statunitense anche dal punto di vista militare. É quanto si apprende da un comunicato emerso all’indomani della tertulia della quinta sessione plenaria del XIX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (iniziata lo scorso 26 ottobre), focalizzata sull’individuazione delle priorità politiche e delle scelte da operare al fine di mantenere l’economia autoctona in crescita anche in un periodo di profonda stasi come quello attuale, con lo spettro di una recessione globale reso sempre più incombente dal perpetuarsi della pandemia.

Il 14° piano quinquennale, Vision 2035 e “doppia circolazione”

Nello specifico, il quinto plenum del PCC ha fissato le linee guida del 14° Piano quinquennale (che verrà approvato dal parlamento a marzo) e rodato i meccanismi d’applicazione di un programma di ampio respiro, strumentale alla trasformazione della Cina in una “grande e moderna nazione socialista” entro il 2035 (denominato, non a caso, Vision 2035). Si tratta di un piano di sviluppo volto a segnare un passaggio storico negli equilibri economico-finanziari della Cina, imperniato sul concetto di “doppia circolazione” (dual circulation), ossia sulla massimizzazione dei consumi interni, il raggiungimento dell’autosufficienza tecnologica (in primis sul fronte della produzione domestica di microchip, per i quali, attualmente, il Paese è costretto a dipendere dall’estero, in particolare dal mercato americano) e la contestuale limitazione al minimo della dipendenza dalle grandi filiere globali: in breve, il Dragone prevede di mettere in cantiere una riconfigurazione radicale del proprio assetto economico nell’arco dei prossimi quindici anni, realizzando la tanto agognata transizione da luogo di produzione a luogo di consumi e ponendosi al riparo da un possibile inasprimento del processo di decoupling (il disaccoppiamento tra le economie di Pechino e Washington, uno dei punti cardine del programma politico di Donald Trump, ma parzialmente accolto anche dall’agenda di Biden). Forse un modo per secludersi?

Venendo alla questione militare, secondo le rilevazioni emerse in sede dibattimentale e riportate nel comunicato, entro il 2027 – l’anno in cui sarà celebrato il centenario della fondazione dell’Esercito di liberazione nazionale (PLA) – la Cina mira alla costruzione di un esercito completamente modernizzato, con l’obiettivo dichiarato di porsi alla pari con la controparte statunitense dal punto di vista bellico e di determinare un salto di qualità  nell’organizzazione delle truppe, aumentando la loro capacità di difendere la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi della Cina tanto in patria quanto all’estero.

Junfei Wu, vice capo del think tank Tianda Institute, ha dichiarato che si tratta della prima volta in cui il miglioramento dell’esercito viene annoverato tra gli obiettivi di sviluppo a medio termine e che, con ogni probabilità, la ventilata modernizzazione dei comparti militari è legata a doppio filo ai destini di Taiwan e alla volontà di scoraggiare le interferenze dell’esercito statunitense all’interno dell’area.

L’applicazione della futura rete 6G per scopi militari in chiave antistatunitense

Il rafforzamento del potenziale militare cinese intersecherà, giocoforza, il terreno del progresso tecnologico e dei nuovi equilibri che, nei prossimi anni, scompagineranno lo status quo dei rapporti uomo-macchina: infatti, come riportato da Kristin Huang sul South China Morning Post, nonostante il Paese abbia appena iniziato a implementare lo sviluppo della tecnologia 5G e il 6G esista soltanto in via puramente embrionale, l’Esercito popolare di liberazione cinese sta già pianificando di utilizzarlo per rinnovare il proprio assetto. Del resto, la volontà di approfondire i possibili impieghi della pleonastica rete 6G in chiave bellica era già stata anticipata in un articolo pubblicato lo scorso 13 aprile su China National Defense News, la testata ufficiale dell’Esercito popolare di liberazione, intitolato If 6G Were to be Used in the Future Battlefield; il brano sottolineava come l’introduzione della nuova tecnologia di rete all’interno delle istituzioni della Difesa avrebbe potuto determinare «un impatto notevole sulle pratiche militari, come le formazioni di guerra, lo sviluppo di attrezzature e le comunicazioni sul campo di battaglia. Promuovere l’applicazione graduale del 6G nell’esercito potrebbe essere uno dei principali obiettivi delle forze armate cinesi per adattarsi ai nuovi cambiamenti militari del futuro».

Com’è noto, la Cina ha istituito due gruppi di lavoro per supervisionare la ricerca sul nuovo tipo di rete: secondo le rilevazioni dei tecnici del Ministero della Scienze e della Tecnologia cinese, il 6G potrebbe raggiungere la velocità di 1 TeraByte (Tb) al secondo, superando di circa 8mila volte la velocità della generazione precedente (si tratterebbe, però, di stime puramente teoriche). Tuttavia, i potenziali vantaggi portati in dote delle reti di sesta generazione andrebbero ben oltre la semplice velocità di trasmissione dei dati, creando le premesse per il raggiungimento di progressi senza precedenti nel campo della tecnica militare, specialmente per quanto concerne la raccolta di informazioni, la visualizzazione delle operazioni di combattimento e la fornitura di un supporto logistico più preciso. Con una latenza prossima allo zero, una larghezza di banda estremamente superiore e una connettività senza precedenti, la nuova tecnologia wireless sembrerebbe in procinto di cambiare le regole del gioco anche sul campo di battaglia, in cui il fattore umano sarà sempre più marginalizzato.

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