A Portoscuso, dal 16 febbraio al 14 marzo 2021, si terrà la mostra Is Mustayonis, le maschere del Carnevale di Portoscuso. L’evento è patrocinato dal Comune di Portoscuso. Sarà possibile visitarla presso La Vetrina della Cultura” in via don Minzoni, 19.
Basilio Pusceddu, Presidente dell’ Associazione Culturale Sardinian Events di Portoscuso ha così spiegato l’iniziativa: “Pur se in maniera ridotta, senza carri e sfilate, qualche piccola mascherata, anche solo in famiglia, vale la pena di raccontare gli aspetti più significativi della storia del Carnevale portoscusese e di fare il punto sull’iniziativa che Sardinian Events propone nella “Vetrina della Cultura” con le tradizionali maschere de Is Mustayonis” tipiche del nostro territorio.
Quando si pensa al Carnevale lo si immagina con stelle filanti e mascherine, carri allegorici e divertimento spensierato; ma non in Sardegna. Qui il Carnevale – Su Karresegare – è qualcosa di diverso: antico, ancestrale, radicato nelle tradizioni: è un rito suggestivo, diverso da zona a zona, ricco di rimandi al mito e alla tradizione agro-pastorale dell’isola. Su Karresegare tradotto dal sardo significa “carne viva da smembrare” e rende bene l’idea di base del carnevale isolano, spesso sono maschere che impersonano i seguaci del culto di Dionisio. Maschere annerite dal grasso, piene di campanacci dal ritmo dei tamburi si muovono accompagnando il corteo e la vittima sacrificale. Ha origini antichissime e una storia molto interessante, con le sue maschere e i suoi riti che affondano le radici nelle origini dell’uomo. Un passato nascosto dietro le maschere paurose, dietro il loro strano portamento accompagnate dal suono dei tamburi e dei campanacci; è una storia che parla di vita e di morte, ma soprattutto di natura e rinascita”.
Sul Carnevale ha poi aggiunto: “Una storia che collega la Sardegna con le altre civiltà e culture del passato e che ci riporta a un tempo in cui l’uomo si sentiva profondamente legato alla terra e ai suoi abitanti, che amava e rispettava. Una memoria che va raccontata: un insieme di rituali e celebrazioni che rispettano codici diversi, caratteristici delle tante località in cui si celebra e che rendono questo avvenimento un luogo speciale, diverso da tutto il resto del mondo.
Anticamente il Carnevale è sempre stato un momento importantissimo della vita di ogni comunità agro-pastorale, ovvero di quegli uomini e donne che vivevano a stretto contatto con la natura e che avevano regolato la loro stessa esistenza ai ritmi delle stagioni; una festa che iniziava con la fine dell’inverno che si svolgeva attorno ai grandi fuochi con danze sfrenate e assaggi di vino nuovo. Il Carnevale dell’Isola è legato a un bambino, ma non si tratta di un bambino qualsiasi, ma di Dioniso, il dio della vegetazione e della fertilità, che moriva e rinasceva ogni anno, proprio come la natura. Questo culto era diffuso in tutte le società agrarie del Mediterraneo e successivamente Dionisio divenne il dio dell’”ebbrezza” e dell’eccesso, e in questo senso veniva indicato con l’appellativo del “Delirante” o “Selvaggio”.
In Sardegna il suo culto è arrivato con i greci e i micenei. I sardi gli diedero un nuovo nome: Zorzi, Giorgi, ma soprattutto Maimone, Mamutzone, Mustayone nomi legati al culto delle acque. Un elemento che accomuna il Carnevale in Sardegna ai riti dionisiaci è sicuramente la presenza di una vittima sacrificale nella promessa di una risurrezione: ma oggi, il sacrificio è simbolico e le vittime non sono altro che le maschere “mostruose”, ricoperte di pelli, con il volto imbrattato di fuliggine o nascosto da maschere che ricordano il muso di animali. A Portoscuso la figura de su Mustayoni rimane tutt’oggi da approfondire e soprattutto comprendere perché l’usanza di vestire a Mustayoni portava tutta la comunità a travestirsi e festeggiare
il carnevale con un rito che si associa al mondo agropastorale.
In questi ultimi anni l’ Associazione Culturale Sardinian Events continua a recuperare fonti al fine di far conoscere una tradizione e riscoprire attraverso la figura de su Mustayoni il carnevale dei nostri avi che hanno caratterizzato nella comunità portoscusese momenti di aggregazione e soprattutto una riscoperta culturale che lascia ancora oggi ricche memorie”.
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