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Il GrIG denuncia alla Commissione Europea il calendario venatorio regionale sardo 2024-2025

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L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha inoltrato (30 agosto 2024) uno specifico ricorso alla Commissione Europea per violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia dell’avifauna selvatica (direttiva n. 09/147/CE) avverso il calendario venatorio regionale sardo 2024-2025 (decreto assessoriale n. 14/4004 del 22 agosto 2024), pubblicato sul BURAS digitale n. 45 del 29 agosto 2024, Suppl. ord. n. 104.

Numerose le violazioni, fra cui la caccia alla Tortora, la cui popolazione è in forte calo, in contrasto con la raccomandazione della sospensione della caccia richiesta proprio dalla Commissione Europea, e la caccia alla Pavoncella, in assenza di piano di gestione nazionale e classificata come vulnerabile dalla IUCN Red List.

In contrasto con la normativa comunitaria anche la chiusura della stagione venatoria al 30 gennaio 2025 per numerose specie di avifauna acquatica e migratrice, già oggetto del caso EUP(2023)10542 che riguarda proprio calendari venatori che prevedono la caccia ai danni delle specie Tordo bottaccio, Tordo sassello, Cesena, Alzavola e Germano reale dopo l’inizio del periodo di migrazione indicato in guide e documenti comunitari (KCD 2021) in materia.  Già diversi calendari venatori sardi sono oggetto delle procedure di contestazione comunitarie.

La politica venatoria della Regione autonoma della Sardegna, nonostante il cambio di maggioranza governativa, si dimostra tuttora largamente carente in tema di tutela della fauna selvatica.

Lo snodo fondamentale si rivela palesemente nel ruolo decisivo (caso unico in Italia) del Comitato faunistico regionale, composto in larga misura da rappresentanti del mondo venatorio, che effettuano scelte dettate dagli interessi venatori e nulla più.

A ciò si somma, a più di trent’anni dalla legge n. 157/1992 e s.m.i. e a più di venticinque anni dalla legge regionale Sardegna n. 23/1998 e s.m.i., il perdurante mancato legame cacciatore-territorio, con la mancata istituzione degli ambiti territoriali di caccia, che contribuirebbero a responsabilizzare i cacciatori.

In caso di riscontrato contrasto con la normativa comunitaria, il GrIG ha chiesto l’apertura di una procedura di infrazione, ai sensi dell’art. 258 del Trattato UE (TFUE, versione unificata): qualora lo Stato membro non si adegui ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione  può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna che può prevedere una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata.

Le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione. L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).

Attualmente sono ben 72 le procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, di queste 22 in materie ambientali.

Mai come in questo caso l’Italia, cioè i cittadini italiani, cioè i contribuenti italiani, dovrebbero letteralmente pagare le conseguenze delle eterne cambiali elettorali che le forze politiche governative devono al mondo venatorio.

p. Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Stefano Deliperi

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