MEMORIA COLLETTIVA TRA EDIFICI ABBANDONATI
La Sardegna è un luogo per certi versi magico, ricco di luoghi diventati monumenti naturali che costituiscono il nostro patrimonio ambientale alla portata di tutti. Ci sono anche luoghi oggi divenuti fantasma, ma pur sempre spazi, un tempo abitati e vissuti, che costituiscono un tessuto urbano dimenticato ma dal grande valore umano. Sono i luoghi della memoria, non troppo lontana, piccoli paesi abbandonati all’incuria che ancora oggi trasmettono una narrazione silente a coloro i quali desiderano perdersi e faticare per raggiungerli.
Vorrei raccontare del Villaggio Asproni, costituito da ruderi di case ed edifici sorti agli albori del ‘900 quando qui, nel profondo Sulcis Iglesiente, l’attività mineraria non era solo un’industria: era la storia di uomini e donne che si guadagnavano la dignità ogni giorno. Voluto dall’ingegner Giorgio Asproni, che aveva rilevato il sito minerario di Sedda Moddizzis alla fine dell’800, in un secondo momento aveva costruito un tessuto urbano per i lavoratori della Miniera e per le loro famiglie. Se pensate di trovare uno squallido agglomerato di case asettico come quelli a cui spesso siamo abituati oggi per motivi pratico-pecuniari, vi sbagliate.
Il villaggio sorge su una collina a pochi chilometri da Iglesias e vicino al comune di Gonnesa, dal quale è possibile scorgere a tratti anche il mare. Vistarlo oggi, non è poi così difficile, ma di sicuro è un’esperienza da vivere; gli edifici rappresentano un momento storico per il sud Sardegna, quando l’industria mineraria isolana era all’avanguardia nel mondo e costruiva macchinari innovativi per il settore. Oggi vedere quel che resta, mentre passeggi in bicicletta o a piedi, appare come il segno del tempo che lentamene si posa come una coltre sopra un villaggio che meriterebbe ben altra visibilità e importanza.
Le strade sterrate per arrivarci sono di media difficoltà, lo spettacolo che si presenta è quello di un romanzo per immagini: partendo poco distante con “Sa Macchina Beccia”, che in realtà era un pozzo di estrazione mineraria che appare come un castello, ma anche una fabbrica, costituendo cosí un tipico paesaggio da novelle gotiche. Il villaggio, invece, era dotato di edifici come la scuola, la bellissima villa del direttore, che era pure il Sindaco e il fondatore del villaggio, una figura a metà strada tra l’imprenditore moderno e il signore medievale. Troviamo poi, tra le strutture edificate, la Chiesa dedicata a San Giorgio e l’imponente sede della Direzione. Tutto sembra come sospeso nell’attimo in cui, nel 1936 morì Asproni, perchè da quel momento in poi inizio un lento declino che causò la chiusura e l’abbandono del villaggio negli anni ’60.
Oggi quel che resta del villaggio non cancella la memoria, perchè tra architetture “fantastiche”, un palazzo signorile e affascinante, e un’organizzazione ferrea dell’abitato, abbiamo un enorme patrimonio di archeologia industriale a cui rendere omaggio visitandolo, tirandolo fuori dall’incuria per restituire quel rispetto che si deve a quel passato fatto di uomini, di lavoratori e di visionari come l’ingegner Giorgio Asproni, che diedero vita ad un luogo in grado ancor oggi di esistere semplicemente per raccontare chi eravamo per non scordarlo più.
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