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GOVERNO: “NO AL PASSAPORTO SANITARIO”. MA NON PROPONE ALTERNATIVE. SI SALVI CHI PUÒ.

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A pochi giorni dalla totale riapertura dei porti e degli aeroporti decisa dal governo Conte su scala nazionale, in Sardegna ci si continua a interrogare su quale potrebbe essere, con l’avvio della stagione turistica e il probabile afflusso nell’isola di un numero importante di visitatori, lo strumento in grado di garantire il più possibile i sardi e gli eventuali turisti da una potenziale nuova ondata di contagi da Covid19 e dunque dal riacutizzarsi di un’epidemia che nella nostra regione, checché ne dicano taluni, è stata finora tenuta sotto controllo e da alcuni giorni, addirittura, sembrerebbe avviarsi sulla via dello spegnimento.

Secondo la giunta regionale guidata dal Presidente Christian Solinas, lo strumento migliore sarebbe quello del “passaporto sanitario”, ossia la certificazione rilasciata da un centro abilitato nel quale i turisti interessati a sbarcare nell’isola pochi giorni prima della partenza dovrebbero effettuare il test diagnostico per verificare il proprio stato di salute in riferimento all’infezione da Coronavirus.

In alternativa ai test alla partenza, il governatore sardo avrebbe anche ipotizzato la possibilità di effettuare i test all’arrivo o addirittura di effettuarli in entrambe le situazioni.

Test diagnostici che oggi non si possono ancora effettuare ovunque con facilità (ragion per cui la Regione Sardegna ne chiede la piena liberalizzazione) e sull’attendibilità dei quali ci sono, in seno anche alla comunità scientifica, non sempre pareri concordanti. Nello specifico su quelli sierologici e in particolare salivari che presto potrebbero essere messi in commercio su larga scala.

Al punto che svariati oppositori della giunta a trazione sardista hanno più volte denunciato che il “passaporto sanitario” sarebbe inefficace perché non garantirebbe totalmente l’individuazione delle persone contagiate. Tesi sicuramente basata su premesse reali. Ma rispetto alla quale nasce spontanea una domanda: ovvero dove sarebbe la sicurezza totale in questo campo, se è dimostrato come le cronache ci hanno raccontato in questi mesi e settimane, che nessun sistema di diagnosi è totalmente infallibile. Anche i cosiddetti tamponi han più volte fallito, ma non per questo sono stati accantonati o ritenuti inidonei al loro scopo generale.

Come in ogni test diagnostico esiste ed esisterà sempre un margine di errore. E ancorché possa essere non troppo ridotto, sempre meglio una diagnosi che presenta margini di incertezza, che nessuna diagnosi.

Chiarito quindi che la sicurezza totale è utopica ma che l’idea della giunta sarda è quella, quantomeno, di limitare i danni il più possibile e di non lasciare nulla di intentato per tutelare i cittadini e gli stessi turisti, perché tutta questa ostilità verso un progetto portatore di un intendimento così nobile e ammirevole?

La sensazione è che ultimamente fra i detrattori del governo regionale si stia perdendo un pochino di sobrietà. Si aspetta ogni minimo errore per amplificarlo e dare in pasto i legittimi (in quanto votati) rappresentanti del popolo sardo al calderone mediatico per delegittimarli di fronte ai cittadini delusi e arrabbiati per le conseguenze economiche della crisi sanitaria. Anche a costo di danneggiare l’immagine stessa della nostra isola e metterne in discussione, come nel caso del “passaporto sanitario”, gli interessi e le prerogative dei suoi abitanti.

Altrimenti non si spiega tanta ostilità verso progetti che altre isole o regioni che si affacciano nel mediterraneo (Sicilia, Croazia etc..) hanno fatto propri e a loro volta proposto ai rispettivi governi nazionali.

E’ altrettanto stucchevole la resistenza del governo nazionale (unico titolato in realtà ad approvare uno strumento del genere) rispetto alla richiesta della Sardegna. Da tempo i suoi esponenti si trincerano dietro un “non si può fare”, “l’idea non è male, ma allo stato attuale è irrealizzabile” etc..

Ammesso e non concesso che non si possa davvero realizzare, anche se non si capisce ancora quali siano i limiti reali che ostano alla sua realizzazione (andiamo su Marte con le sonde iper-tecnologiche e non riusciamo a liberalizzare e calmierare i prezzi per dei semplici test diagnostici nelle centinaia di laboratori del Paese?), la domanda vera da porsi è: qual è l’alternativa che propone o ha fin qui proposto il governo?

Perché nessuno finora lo ha capito: non va bene il “passaporto sanitario” perché è irrealizzabile. E quindi? Tanti dinieghi, ma nessuna concreta proposta.

L’alternativa è solo quella di far arrivare indiscriminatamente i turisti senza alcun controllo?

Infischiandosene altamente di cosa potrebbe capitare se anche solo una percentuale di essi fosse contagiata da Coronavirus in un’isola dove il sistema sanitario, dopo i continui tagli ai servizi ospedalieri degli anni passati, è già in gravi difficoltà adesso?

Sarebbe un ragionamento quantomeno discutibile. I sardi con grandi difficoltà (visto l’impegno profuso nel rispetto delle disposizioni governative) e per certi versi fortunosamente, sono riusciti a limitare i danni rispetto ad altre realtà regionali colpite dall’epidemia di Covid19.

Si vorrebbe rovinare questo straordinario patrimonio senza provare ad attuare qualsiasi cosa possa essere attuata per prevenire anticipatamente i pericoli di una recrudescenza dell’epidemia?

Anche in questo caso, come in altre occasioni nel passato, l’atteggiamento del governo nazionale si è denotato nella sua vera essenza centralista e di pari passo menefreghista delle prerogative delle regioni più periferiche; in quanto tali, evidentemente, indegne della giusta attenzione che avrebbero invece dovuto ricevere.

Atteggiamento che somiglia, almeno a livello d’impostazione culturale, a quello tenuto nelle scorse ore dal Sindaco di Milano Beppe Sala che minacciosamente ha affermato che “si ricorderà delle Regioni che hanno chiesto patenti di immunità”. Quasi non fosse legittimo per la nostra comunità regionale tentare di tutelare in ogni modo i propri abitanti.

Dichiarazioni, quelle del sindaco milanese, ridicole e paradossali, in quanto rilasciate proprio da colui che all’inizio dell’epidemia sottovalutava la pericolosità del virus invitando i suoi concittadini a consumare gli aperitivi all’aperto e ad uscire di casa (e poi abbiamo visto com’è finita). E che oggi vorrebbe, non si capisce bene il perché, mettere a rischio anche altre regioni come la nostra.

Purtroppo, di fronte all’atteggiamento patrigno del governo centrale la battaglia della Regione Sardegna sul fronte del “passaporto sanitario”, rischia di finire in disfatta (l’ultimo round, quello decisivo, sarà il prossimo 29 maggio nella conferenza “Stato-Regioni”). E visto e considerato che fermare il settore turistico nell’isola, benché tale decisione sia prerogativa unica del governo nazionale, sarebbe però improponibile innanzitutto per noi stessi, viste le decine di migliaia di lavoratori e aziende che nell’isola sopravvivono grazie a esso, è bene che si sappia che dopo il contenimento dell’epidemia da parte dei sardi, se la stessa dovesse riacutizzarsi e si dovesse assistere a una nuova e magari più grave ondata di contagi, stavolta non ci sarebbero più dubbi sui nomi dei veri responsabili.

Di Manolo Mureddu

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