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Dossier Inail: i contagi Covid sul posto di lavoro colpiscono in prevalenza le donne

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Sono le donne le più colpite dai contagi da Coronavirus sui luoghi di lavoro.

Totale controtendenza rispetto agli infortuni sul lavoro complessivi, dove i casi femminili si fermano al 36%. Così emerge dai dati del nuovo Dossier donne dell’Inail, pubblicato a pochi giorni dalla Giornata dell’8 marzo.

Su 147.875 denunce pervenute alla data del 31 gennaio del 2021 sono 102.942 i casi femminili. Significa quasi 70 contagi professionali ogni 100.

Diversa la situazione tra le vittime: sono donne nel 17,1% dei casi (79 decessi su 461), in linea con il dato degli infortuni mortali sul lavoro nel calcolo complessivo. Il numero maggiore di decessi sul lavoro è tra gli uomini, con le donne sotto la soglia del 10%.

Stando all’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, il 43,6% delle contagiate dal Covid-19 ha oltre 49 anni, il 38,1% ha tra i 35 e i 49 anni e il 18,3% è under 35. Più elevata, pari a 56 anni, l’età media al decesso, con nessuna deceduta nella classe di età più giovane delle under 35, mentre il 19,0% delle vittime ha tra i 35 e i 49 anni e l’81,0% ha dai 50 anni in su. Gli infortuni si concentrano nelle regioni con il maggior numero di contagi nella popolazione. La Lombardia raccoglie, infatti, il 28,3% delle denunce femminili, seguita da Piemonte (15,4%), Veneto (11,1%) ed Emilia Romagna (8,5%). È sempre la Lombardia a registrare il maggior numero di vittime femminili, ben il 39,2%. A seguire Emilia Romagna (15,2%) e Piemonte (8,9%).

Gli operatori sanitari che non vogliono il vaccino e poi si contagiano con il Covid 19 hanno diritto all’infortunio sul lavoro. È quanto emerge dalla lettera inviata dall’Inail alla direzione regionale della Liguria in riferimento al caso degli infermieri che avevano rifiutato di sottoporsi al vaccino e che poi si erano contagiati. «Sotto il profilo assicurativo il comportamento colposo del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé l’esclusione dell’operatività della tutela».

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