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CSU: le inutili promesse di Solinas sulla lingua sarda. La Regione invece la riduce a dialetto folk

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Nel giorno della Lingua materna internazionale, il movimento della lingua sarda si agita all’improvviso. Il Coordinamento per la Lingua Sarda, organizzazione tra le più conosciute tra militanti e operatori in fase di rinnovamento, denuncia l’operato del governo regionale sulla tutela della lingua e punta il dito sull’assessorato regionale dell’istruzione. “La concezione culturale e l’indirizzo politico che si intravede da parte dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione, competente  sulla materia – si legge in un documento diffuso dal direttivo – sembra andare nella direzione di una valorizzazione abnorme di qualsiasi dialetto, variante, varietà territoriale, municipale o personale si presenti, di fatto ostacolando lo sviluppo dei numerosi passi avanti compiuti in passato per un bilinguismo ufficiale e una normalizzazione della lingua sarda”. L’accusa è grave: in sostanza non solo gli uffici regionali avrebbero abbandonato ogni progetto di diffusione di norme grammaticali unitarie, ma avrebbero finanziato dei progetti scritti in un sardo che disprezza qualsiasi regola ortogràfica. Secondo il CSU, la maggioranza dei progetti, finanziati dalla Regione, denota l’utilizzo di diverse grafie, con una pericolosa e dannosa anarchia scrittoria che distrugge il prestigio del sardo. “Ci si chiede chi ispiri questa politica, se esista una responsabilità tecnica o politica su questa scelta – afferma il documento – finanziata con i soldi pubblici, e se la Regione intenda discuterne oppure intenda andare avanti in quello che noi riteniamo un uso improprio della lingua”. Le bordate sono soprattutto per l’assessore regionale ai beni culturali  Andrea Biancareddu e il suo staff dirigenziale, ma non si risparmiano critiche al Presidente  Christian Solinas reo, a parere degli esperti del CSU, di immobilismo e di aver appaltato ad altri il problema ‘limba sarda’ nonostante provenga da un partito dichiaratamente indipendentista che cita il sardo come lingua nazionale nel suo statuto. “Pensiamo sinceramente che non possiamo perdere l’occasione di avere Presidente della Giunta un sardista che curi a fondo gli interessi (anche linguistici) dei sardi, ma crediamo anche che un Presidente sardista non possa permettersi il lusso che i suoi anni di governo passino senza lasciare un’impronta storica sulla questione linguistica”. Non bastano più  insomma ai militanti  le dichiarazioni in sardo  per Sa Die o i programmi RAI domenicali  alle 9 del mattino, che rischiano di essere meri atti simbolici. Sarebbe gradita dal coordinamento una politica coerente con i programmi elettorali e un assessorato più attento alle politiche linguistiche e proprio per questo chiedono “una pianificazione linguistica seria che sia un volano per potenziare la nostra identità collettiva, nel rispetto della multiforme ricchezza delle varietà locali, un planning d’azione perché al sardo possa essere riconosciuto lo stesso status al pari di altre lingue ufficiali, insegnandolo nelle scuole, come avviene altrove, al fine di salvaguardarlo come, peraltro, sancito dalle legge statale 482/99”. Per il CSU invece il governo a trazione sardista tradisce l’idea di “lingua nazionale unitaria così come fu immaginata dai nostri padri Simon Mossa, Emilio Lussu o Giovanni Lilliu. Senza addentrarci in più dettagliate considerazioni, anzi, con la speranza di avere altre occasioni per fare ciò, all’insegna di un confronto serio – scrivono i firmatari del documento – con i rappresentanti regionali, ciò che si rileva oggi nell’isola è la generale situazione della linea perseguita dalla Regione, che fa emergere un anacronistico ritorno alla dialettizzazione e folklorizzazione politica del nostro idioma”. Non si limitano alla denuncia gli attivisti del Coordinamento, ma avanzano proposte come “avocazione alla Presidenza delle competenze linguistiche, riforma dello Statuto, abrogazione della legge 22, standardizzazione della lingua, dipartimento linguistico, strumenti didattici unitari, grammàtica e dizionario normativi invece che miriadi di libri ognuno scritto con regole diverse.” infine il Comitato chiede incontri con i responsabili politici, i partiti e le istituzioni.

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