ROMA – Dopo la pandemia i medici e gli operatori sanitari sono tornati a essere nel mirino di aggressioni fisiche e verbali. L’emergenza Covid aveva attenuato questo fenomeno ora di nuovo prepotentemente riesploso. Negli anni la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, ha messo la prevenzione e la formazione contro questi episodi tra le priorità. E sta anche “sollecitando le istituzioni competenti a intervenire, con gli strumenti a disposizione e individuando nuove soluzioni, per arginare il drammatico fenomeno della violenza sugli operatori sanitari, che si sta concretizzando in una vera e propria emergenza di sanità pubblica”, precisa la Fnomceo che ha lanciato per il 2023 un corso di formazione (Ecm) a distanza gratuito ‘La violenza nei confronti degli operatori sanitari’ coordinato dal Gruppo di lavoro Fnomceo per la sicurezza degli operatori sanitari.
Gli ultimi dati sulle violenze ai danni degli operatori sanitari registrano circa 2.500 episodi ogni anno ma sono le denunce ufficiali, molte sono le violenze che non emergono. Poco prima della pandemia è stato lanciato il progetto ‘Care’ (Consapevolezza, ascolto, riconoscimento, empatia) – Prevenire, riconoscere, disinnescare l’aggressività e la violenza contro gli operatori della salute’, un corso promosso dalla Fnomceo e dalla Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, per formare i medici e gli infermieri ad interventi di comunicazione verbale e non, con l’obiettivo di diminuire tensione e aggressività nella relazione interpersonale.
I singoli Ordini provinciali non sono stati a guardare. Un esempio è quello di Lucca. “Negli ultimi anni abbiamo promosso corsi di autodifesa con docenti della Polizia di stato, un istruttore illustrava alle colleghe le modalità per difendersi in caso di aggressione fisica – racconta all’Adnkronos Salute il presidente dell’Omceo Lucca, Umberto Quiriconi – E’ stato molto seguito e l’abbiamo ripetuto negli anni. Poi abbiamo lanciato, all’inizio in via sperimentale, un progetto con un dispositivo di allarme indossabile (grande come un pacchetto di sigarette), che è in grado di far partire, in caso di pericolo, un segnale a una sala operativa che poi chiama le forze dell’ordine. L’abbiamo dato alle guardie mediche e sono state azzerate le aggressioni, soprattutto perché il progetto è stato pubblicizzato molto ed è servito come forte dissuasione: se sai che il medico ha un allarme collegato con le forse dell’ordine, ci pensi due volte ad alzare le mani o la voce”.
Da sperimentazione, il dispositivo di allarme indossabile è diventato la normalità. “L’Asl Toscana Nord-Ovest ha acquistato questi dispositivi che noi avevamo noleggiato – ricorda Quiriconi – Posso dire che le aggressioni ai medici nella provincia di Lucca, quella del mio Ordine, sono quasi scomparse”. E gli altri Ordini vi hanno chiesto informazioni? “Io ho messo la nostra esperienza nella chat nazionale degli Ordini – risponde – Mi ha contattato il collega dell’Omceo di Latina per chiedere informazioni. Il sistema lavora su due livelli di pericolo: nel primo caso attiva solo l’audio, in questo modo la sala operativa può sentire quello che accade; nel livello più ‘alto’, invece, il medico può attivare direttamente la richiesta di aiuto per far arrivare le forze dell’ordine”.
“Siamo passati da un eccesso all’altro, da essere eroi durante la pandemia a diventare di nuovo i bersagli di violenze verbali e fisiche – osserva Roberto Monaco, responsabile formazione Fnomceo – Le aggressioni ci sono perché siamo in prima linea e rispondiamo ai bisogni delle persone. Nel 2020 abbiamo presentato ‘Notturno’, un docufilm denuncia sulla violenza contro i medici, ma soprattutto sulla solitudine che i colleghi provano perché spesso sono lasciati soli. In questi ultimi anni ci siamo concentrati sulla formazioni dei colleghi, ben sapendo che la nostra è una professione che si sta delineando sempre di più al femminile, con il 70% di colleghe rispetto ad un 30% di colleghi. Le dottoresse che fanno guardie mediche con turni di notte spesso preferiscono portarsi dietro il padre o il marito. Questo è il livello di allarme che si vive”.
“Il problema è che spesso le strutture sanitarie non riescono a garantire la sicurezza – rimarca Monaco – e non possiamo di certo mettere un poliziotto in ogni ambulanza del 118, visto che anche questi colleghi sono diventati un bersaglio. La soluzione c’è” ed è “far diventare il medico un pubblico ufficiale. In questo modo si potrebbe procedere d’ufficio con la denuncia eliminando i passaggi che ci sono oggi”. In conclusione, secondo il responsabile della formazione Fnomceo, “dobbiamo far capire alla popolazione che chi aggredisce un medico aggredisce se stesso. Il ministro della Salute Schillaci ha preso a cuore la situazione e insieme possiamo portare avanti ulteriori iniziative”.
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