Circa 24mila orsi sono stati catturati e messi in gabbia per estrarne la bile ed utilizzarla nella medicina tradizionale asiatica, dopo che la National Health Commission della Cina ha autorizzato con un documento del 3 marzo 2020 le iniezioni contenenti questa sostanza per trattare la polmonite virale, uno dei sintomi gravi da Covid-19. A denunciarlo in un report è l’organizzazione internazionale World Animal Protection che racconta un mercato sempre più fiorente ai danni degli animali selvatici.
Parte di scienziati e virologi sono convinti che l’origine della pandemia sia da attribuirsi al consumo di animali selvatici: ma nei giorni scorsi l’agenzia governativa per la salute cinese ha consigliato iniezioni di “Tan Re Qing” nei casi più gravi e critici da coronavirus: un trattamento contenente la bile degli “orsi della luna” tenuti in cattività.
Bile che viene utilizzata nella medicina tradizionale cinese come anti-infiammatorio e sostanza protettiva per il fegato. Il magico “ingrediente” serve a produrre medicinali ma anche prodotti per il corpo e shampoo. Il tutto chiaramente non ha alcun tipo di supporto scientifico.
La bile viene estratta attraverso un catetere nella cistifellea, due volte al giorno. Questo processo angoscioso fa soffrire gli orsi, che si lamentano per il dolore. “Il trattamento è una storia di crudeltà ed abusi su scala industriale”, spiega Jan Schmidt-Burbach, capo globale per la ricerca sulla fauna selvatica ed il benessere degli animali di Cruel Cures.
In alcune zone della Cina è stato vietato il consumo di animali selvatici, ma altrove sono stati riaperti i wet market, cioè i mercati dell’umido dove vengono macellati cani, gatti, pipistrelli, coccodrilli, pangolini… sia a scopo alimentare che per la medicina tradizionale.
In Cina il commercio di bile vale più di un miliardo di dollari e non si ferma solo al continente asiatico, perché i prodotti vengono esportati anche in paesi come gli Stati Uniti, il Canada o il Giappone. Il rischio per la salute pubblica si basa su due fattori critici che favoriscono la comparsa di zoonosi: “la manipolazione degli animali nelle immediate vicinanze ed il loro mantenimento in cattive condizioni”.
Il rapporto aggiunge che la bile d’orso viene utilizzata in prodotti come il dentifricio, cosmetici o addirittura alcolici. WAP indica l’esistenza di tante alternative e chiede al governo di Pechino di “rimuovere i preparati di bile d’orso dall’elenco raccomandato, approvando solo farmaci a base vegetale per trattare i sintomi di COVID-19″.
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