Nelle facciate dei palazzi di Soacha, quartiere di periferia di Bogotà, spicca il rosso. Drappi, magliette, felpe, federe. Sono i nuovi segnali di soccorso: intere famiglie che da tre settimane sono tappate in casa per arginare il coronavirus ma che adesso hanno finito i soldi, non potendo nemmeno permettersi di comprare da mangiare. 50mila persone vittime di un esodo forzato, tra cui ex guerriglieri che da anni cercano di ricostruirsi una vita o venezuelani fuggiti da una catastrofe e mal sopportati da un popolo che adesso è in difficoltà. In piena emergenza Covid 19, senza più possibilità di svolgere quei lavori informali senza alcuna protezione, assistenza o cura sanitaria, patiscono la fame.
La crisi colpisce la parte più debole dei colombiani: tra ambulanti, invisibili ed ultimi degli ultimi, si arriva a contare quasi la metà della popolazione totale. Nelle comunas di Medellín si battono i mestoli contro pentole e padelle, mentre le stoffe rosse sono il nuovo grido disperato lanciato da chi rischia di morire di fame. “Siamo una famiglia di nove persone e non appariamo in alcuna lista del governo di sostentamento. Ho una moglie incinta e due bambini ma in casa non ho nulla da mangiare”, spiega un uomo con indosso una camicetta rossa e bianca a una cronista attirata sul posto dalle voci che si rincorrono in una città spettrale. “Per questo adesso sono qui”.
STRATEGIA DEL DRAPPO ROSSO
Il municipio di Envigado, il più ricco della Colombia, ha deciso di appendere una bandiera rossa all’ingresso del palazzo comunale. “Abbiamo fatto nostra questa iniziativa popolare”, dice il sindaco Braulio Espinosa, “per chiedere un aiuto più concreto e meno burocratico al governo nazionale e agli imprenditori”. Chi non ha più nulla in frigo scende per strada a protestare. Agita bandiere rosse, si veste con capi rossi, ci si ricopre viso e naso con stoffa rossa. Si sollevano cartelli. Qualcuno si è organizzato per raccogliere cibo. Degli altri girano tra le case e recuperano ció che alcuni sono disposti ad offrire. Successivamente si passa davanti alle porte di coloro che hanno lanciato la richiesta di aiuto e si lascia sull’uscio qualcosa che li sfamerà. Lo Stato ha sempre girato la faccia nei confronti di questa parte di popolo. Arrivato dalle regioni interne perché obbligato a scappare dagli scontri tra bande o dalla guerriglia, approdato in città dove ricchi e poverissimi si mischiano in un circuito fatto di piccolo commercio e lavori saltuari. E che oltre a sopravvivere al coronavirus, deve fare i conti con la fame.
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