È una filastrocca che Conte è costretto a recitare alla fine di ogni partita. Il tecnico nerazzurro parla di step di crescita e di percorso, sostiene con orgoglio che dal suo arrivo tutti hanno ricominciato a rispettare l’Inter, che però non sa più vincere, o lo fa con intervalli poco adeguati a una big. L’ultima volta a bottino pieno risale al 24 ottobre, gara in trasferta contro il Genoa… nel frattempo ci sono state di mezzo altre 4 sfide. La vittoria precedente a quella del 24 ottobre risale al 30 settembre. Su dieci partite a disposizione, l’Inter ne ha vinte 3, pareggiate 5 e perse 2. I gol subiti sono 16, la media dice 1,6 a partita.
Numeri che non c’entrano proprio niente con chi ha certe ambizioni e questo Conte lo sa benissimo, nonostante continui ad incolpare i dettagli e ad elogiare l’atteggiamento dei suoi, nonostante continui a non trattare come un problema quello dei gol subiti: – “È importante fare un gol in più dell’avversario” – salvo essere smentito da Marotta: “L’unica cosa che non va sono i troppi gol che prendiamo, ma Conte ci sta lavorando”. Insomma, ogni scusa è buona per prendere tempo ma i numeri annullano le attenuanti e la verità è che l’Inter, come in passato, non riesce a sfruttare i passi falsi delle avversarie.
Contro l’Atalanta Conte ha proposto un’altra Inter, meno arrembante, più attenta. Ha schierato nuovamente Skriniar tra i titolari e tolto dal campo Hakimi. Mosse che hanno registrato la difesa ma reso sterile l’attacco. Il gioco non si è visto, segno che la coperta è corta e che certi meccanismi sono ancora tutti da trovare. Eriksen? Il danese ancora non pervenuto, anche se a fine gara Conte ha spiegato che in mezzo al campo i calciatori erano stanchi per le troppe gare ravvicinate. L’ex Tottenham non soffriva di particolari affaticamenti, eppure non è stato neanche preso in considerazione. Ad Appiano Gentile sono tanti i nodi da sciogliere, forse questa pausa per le Nazionali servirà anche a questo.
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