“Quella di Irene Testa, Garante delle persone private della Libertà, è l’ultima accorata denuncia, in ordine di tempo, sulla condizione di vita nelle carceri della Sardegna. Un appello, rivolto al Presidente della Repubblica, dopo aver visto con i propri occhi cosa significa, per detenute e detenuti e per chi lavora, vivere quotidianamente dietro le sbarre. Un disagio profondo che investe anche chi svolge attività di volontariato. Quello che sconcerta è il silenzio assordante del mondo politico sardo”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” facendo notare che “la nomina della Garante Testa da parte del Consiglio regionale aveva fatto intendere una più forte presenza dell’Istituzione nelle problematiche legate alla vita detentiva, ma finora niente si è visto”.
“E’ vero che la competenza sulle carceri è ministeriale – aggiunge Caligaris – ma è altrettanto vero che la Sardegna, a fronte di mille sardi privati della libertà, ospita una vera e propria servitù penitenziaria con 6 mila ettari destinati alle Colonie Penali (unica realtà in Italia, giacché l’analoga casa di reclusione di Gorgona occupa 220 ettari), un’altissima presenza di detenuti dell’alta sicurezza e del 41bis (circa 650) e stranieri (oltre 400). In uno scenario come questo e davanti a episodi sempre più drammatici dovuti alla presenza dietro le sbarre di tossicodipendenti in doppia diagnosi e con gravi disturbi psichici, il Presidente della Regione deve far sentire la sua voce nella Conferenza con lo Stato. Anche perché non solo i malati più gravi devono avere spazi alternativi alle celle e trattamenti psichiatrici riabilitativi ma anche perché alla penuria di personale per garantire le attività all’interno degli Istituti si aggiunge quello dei Direttori e addirittura del Provveditore regionale, con doppio incarico”.
“Non basta – osserva ancora l’esponente di SDR – aver nominato una Garante per ritenere che il problema carceri sia risolto. Chi deve garantire i diritti deve poter contare sul supporto delle Istituzioni, a partire da quella più importante che ha conferito l’incarico. In assenza di un sostegno, il lavoro prezioso della persona incaricata perde di significato e rischia di essere controproducente. Si attivino dunque il Consiglio regionale promuovendo attività culturali, lavorative e sanitarie per le donne e gli uomini detenuti e favorendo la nascita di Centri di Recupero psicoriabilitativi e il Presidente della Regione nei riguardi dello Stato e del Governo affinché il tempo della perdita della libertà possa essere utilizzato utilmente, la pena garantisca un reale recupero sociale e chi lavora possa svolgere il proprio ruolo in serenità”.
Fonte: comunicato stampa
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