“H.A., marocchino, 37 anni, dapprima ristretto nella Casa Circondariale “Ettore Scalas” di Cagliari-Uta, dove ha manifestato, in cinque mesi di permanenza, comportamenti aggressivi nei confronti del personale, anziché essere trasferito in una struttura alternativa, è stato catapultato nel carcere nuorese di “Badu ‘e Carros”, dove, com’era prevedibile, ha continuato a manifestare disagio e ad aggredire gli Agenti della Polizia Penitenziaria. Nell’esprimere solidarietà al personale non possiamo chiudere gli occhi su una situazione paradossale di cui si è reso responsabile il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV”, facendosi carico di una situazione insostenibile per l’Istituto nuorese e facendo osservare che “l’elevato numero di azioni e atteggiamenti antisociali non può essere risolto con le celle di isolamento o con continui trasferimenti da un carcere all’altro”.
“Questa persona – ricorda Caligaris – sta facendo lo yo-yo da un capo all’altro del Paese. Ha infatti subito 15 trasferimenti prima di approdare in Sardegna. Ormai ha raggiunto la considerevole quota di 17 trasferimenti in strutture detentive. E’ entrato in carcere per scontare 10 mesi e attualmente ha sulle spalle una pena di 15 anni. E’ quasi costantemente in cella d’isolamento per i comportamenti aggressivi nei confronti degli operatori penitenziari e quando ha la rara possibilità di uscire dalla cella per andare all’aria si rifiuta di farvi ritorno. E’ necessario che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria intervenga con urgenza per garantire al detenuto le cure di cui ha bisogno in una condizione alternativa ma anche l’incolumità e la serenità degli operatori penitenziari”.
“Il caso H.A. – sottolinea l’esponente di SDR ODV – documenta ancora una volta di più l’esigenza di una presa in carico da parte di personale specializzato in strutture alternative al carcere, almeno finché le condizioni fisiche e psichiche di un detenuto problematico gli permettano di scontare la pena con consapevolezza”.
“E’ evidente che permanendo le gravi condizioni di disagio H.A. non può essere inserito in alcun programma riabilitativo in carcere. E’ altrettanto vero che l’isolamento accentua i sentimenti antisociali e aggressivi e che il carcere non è un luogo in cui una persona con gravi problemi possa accedere a cure personalizzate. L’unica soluzione è che il DAP riveda la situazione di quest’uomo e si convinca dell’inutilità di tenere una persona chiusa in una cella attivando la ricerca di alternative in grado di restituire a tutti serenità, sarebbe il colmo che una persona entrata in carcere per scontare una pena di10 mesi dovesse vedersi comminare l’ergastolo”.
Fonte: comunicato stampa
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