Tramutare l’anidride carbonica in carburante per aerei.
Un processo sperimentale ha preso vita grazie ad un gruppo di ricerca dell’Università di Oxford. Per il momento funziona su una scala molto piccola, ma un domani potrebbe utilizzare la stessa CO2 presente nell’aria per alimentare i motori degli aerei.
Lo studio, pubblicato su Nature Communications, facilita l’industria aeronautica. Si potrebbero ridurre le emissioni di anidride carbonica degli aerei, il prodotto di scarto della combustione di idrocarburi.
Lo sfruttamento dei carburanti fossili ha permesso alla società di svilupparsi. Tuttavia è ormai chiaro come l’impatto sull’ambiente dei derivati del petrolio sia devastante. Così come la continua immissione di gas serra nell’atmosfera, una delle cause antropiche del riscaldamento globale. I combustibili di origine fossile – quando bruciati – rilasciano nell’ambiente anidride carbonica. Nel corso dei millenni la stessa anidride risultava ingabbiata nelle profondità terrestri sotto le spoglie di petrolio e gas naturale.
Ecco perché i carburanti carbonio neutrali equivalgono ad un Santo Graal per il trasporto, soprattutto quello aereo, responsabile della maggior parte delle emissioni di CO2. Gli scienziati studiano il tema della produzione di carburanti a partire dalla CO2 catturata dall’atmosfera da decenni senza grossi risultati. Eppure ora sembrerebbe esserci una strada molto promettente, considerata l’unica via percorribile per rendere l’aviazione carbon-neutral.
Questo perché lo sviluppo di aerei elettrici si scontra con un limite difficile da superare, ovvero la bassa densità di energia per unità di peso delle batterie .
Catalizzatori Potassio-Ferro- Manganese per convertire la C02 in cherosene
Il processo migliore sembrerebbe quello dell’idrogenazione della CO2 così da ottenere molecole più complesse di idrocarburi come alcani, cicloalcani e olefine. Esistono metodi diretti e indiretti per il processo di idrogenazione, anche se i più promettenti vedono l’utilizzo di catalizzatori a base ferrosa. Proprio da qui arriva la novità.
La scoperta degli scienziati dell’Università di Oxford risiede in un metodo di produzione di una classe di catalizzatori Potassio-Ferro- Manganese (Fe–Mn–K) tramite il processo Organic-Combustion Method (OCM). Da un lato la produzione dei catalizzatori è abbastanza semplice e può essere portata a termine in una soluzione di acido citrico, dall’altro i catalizzatori hanno dimostrato buone rese nel processo di idrogenazione della CO2, in condizioni di pressione e temperatura abbastanza normali per i tradizionali processi industriali.
In definitiva parliamo di una conversione della CO2 in composti utilizzabili come carburante pari al 38,2%, contro le tradizionali rese del 28,6% nelle reazioni portate a termine con catalizzatori della stessa classe. Gli scienziati hanno rilevato una migliore selettività nella produzione di idrocarburi C8–C16, quelli utilizzati come Jet Fuel.
Al momento le reazioni sono state portate a termine in laboratorio su piccole quantità, ma la stima è che si possano scalare quantitativi maggiori in modo più semplice rispetto ai metodi precedenti.
Per compensare le emissioni di CO2 si è parlato a lungo di tecnologie di intrappolamento del biossido di carbonio. Trovare un modo per riutilizzarlo direttamente e portare a zero l’immissione di anidride carbonica nell’ambiente rappresenterebbe un passo da giganti.
Wired ha raggiunto Oskar Meijerink, responsabile del progetto sui nuovi carburanti presso la SkyNRG, per un commento sul nuovo processo sperimentale e sulle sue possibili applicazioni a impatto zero.
Queste le sue parole: “È necessario utilizzare energia elettrica rinnovabile. La sfida è: se usiamo la CO2 di un’acciaieria, come possiamo spingere l’acciaieria a essere neutra dal punto di vista del carbonio? La soluzione perfetta sarebbe quella di avere tutte queste industrie più sostenibili e utilizzarle per la cattura diretta della CO2 dall’aria“.
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