“Nonostante le tornate elettorali si siano svolte l’8 settembre, in un momento eccezionale per via dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di coronavirus, la nostra volontà e la nostra consapevolezza dell’importanza dell’evoluzione politica che il nostro Paese sta attraversando, ci hanno permesso tutti insieme di tenere queste elezioni nelle migliori condizioni“. Lo ha affermato il ministro dell’Interno marocchino Abdelouafi Laftit nel momento in cui si sono chiusi i seggi dell’election day, che ha visto la clamorosa sconfitta del partito di governo. “Il Regno del Marocco – ha continuato il ministro – ha vissuto per mesi e mesi in un’atmosfera di mobilitazione globale per portare a buon fine le varie scadenze elettorali legislative, regionali e comunali: si è trattato di un momento che ha consolidato le speranze di tutto il popolo marocchino per il rafforzamento della democrazia”.
Le elezioni, a cui hanno partecipato 32 partiti, hanno confermato come nel passato un’alta affluenza a Laayoune Sakia El Hamra con il 66,94% degli aventi diritto, a Guelmim Oued Noun con 63,76%, e a Dakhla Oued Eddahab con il 58,30%: queste tre regioni del Sahara Marocchino superano così ampiamente il 50,35% registrato a livello nazionale, mentre nelle precedenti elezioni legislative del 2016 l’affluenza a livello nazionale era del 43%.
Alla luce del sole, i risultati in queste tre regioni testimoniano la legittimità democratica e popolare di rappresentanza. La costituzione marocchina garantisce gli stessi diritti e doveri a tutti i cittadini marocchini, a prescindere della loro appartenenza culturale, politica o regionale. I saharawi dicono che in Sahara non esiste lo spazio per il separatismo creato ed impiantato nei campi di Tindouf in Algeria.
Dopo un decennio alla guida del governo il “Partito islamico della Giustizia e dello Sviluppo” (Pjd) ha subito una netta sconfitta. Nel 2016 trionfò conquistando 125 seggi, oggi invece risulta essere stato ridimensionato, con soli 12 seggi su 395 al Parlamento. Neppure il suo segretario, già dimissionario, ed ex premier El Othmani, ha mantenuto suo seggio.
Una sconfitta che suona come una punizione per la politica fallimentare in tema di giustizia sociale e di lotta alla corruzione, due dei suoi cavalli di battaglia e di propaganda da sempre.
Il voto ha premiato il partito liberale centrista “Raggruppamento nazionale degli indipendenti” (Rni) con 97 seggi, seguito dal “Partito per l’autenticità e la modernità” (Pam), che ha ottenuto 82 seggi, e dal Partito “Istiqlal” (Pi) con 78 seggi; l’”Unione Socialista delle Forze Popolari (USFP)” ha ottenuto 35 seggi, il “Movimento Popolare” (MP) 26, il “Partito del Progresso e del Socialismo” (PPS) 20, e l’”Unione costituzionale” (UC) 18 seggi.
La sconfitta del “partito della lampada”, come è soprannominata la formazione islamista moderata del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Pjd), alla guida del governo marocchino da un decennio, non ha riguardato solo le elezioni legislative, ma ha avuto un’altra bruciante nelle elezioni regionali e comunali.
di Belkassem Yassine
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