C’è chi preso dall’entusiasmo ha puntato tutto sul cryptoboom, nonostante le autorità abbiano raccomandato fin da subito prudenza di fronte alla promessa di rendimenti esplosivi.
Qualcuno si è arricchito, certo. Ma in molti hanno perso i loro soldi. Si tratta infatti di un mercato rischioso, dove in alcuni casi frodi, truffe e furti hanno finito per svuotare il portafoglio di investitori poco esperti.
I crimini legati alle criptovalute sono infatti aumentati nel 2019, provocando una perdita complessiva per gli utenti pari a circa 4,52 miliardi di dollari: il 160 per cento in più rispetto al 2018, quando era stato stimato un buco di 1,74 miliardi di dollari.
A rivelarlo un rapporto dell’organizzazione Cipher Trace, specializzata nella lotta al crypto crime. Se in passato a fare più male sono stati gli attacchi hacker e i furti online, il danno più grande negli ultimi 12 mesi è stato provocato da schemi Ponzi, exit scam (un giochetto per cui si interrompono le consegne mentre si continuano a ricevere pagamenti per i nuovi ordini) e altre forme di frodi finanziarie relative alle valute digitali.
Proprio queste ultime operazioni fraudolente sono aumentate del 533 per cento: un ammanco di 4,15 miliardi, rispetto ai 654 milioni del 2018. Diversamente, furti e cyber attacchi sono diminuiti del 66 per cento, scendendo a quota 371 milioni rispetto al miliardo dell’anno prima.
Questi dati indicano che il male maggiore viene proprio da chi opera all’interno delle piattaforme di exchange, come testimoniano alcune storie raccolte dagli autori del rapporto. Si tratta di alcune delle truffe e operazioni finanziarie finite male verificatesi nel corso del 2019 a livello mondiale, che hanno provocato enormi danni agli investitori, con contraccolpi negativi su tutto l’ecosistema delle criptovalute.
QuadrigaCX
È stato uno dei casi che ha causato l’impennata di perdite del 2019. Gli utenti che si fidavano di questa popolare piattaforma di scambio hanno visto andare in fumo 135 milioni di dollari dopo la morte inaspettata del cofondatore della società canadese durante la sua luna di miele in India. Gerald Cotten era infatti la sola persona a possedere le chiavi d’accesso ai portafogli digitali contenenti circa 180 milioni di dollari canadesi in valute digitali. Gli investitori inferociti, assistiti dai propri legali, hanno richiesto che il corpo venga riesumato per acclarare che si tratti effettivamente di Gerald Cotten e per capire quali sono state le cause del decesso: sono infatti circolate voci in seguito secondo cui il cofondatore di QuadrigaCx abbia fatto finta di morire per fuggire con il malloppo. In realtà, queste speculazioni non hanno trovato riscontro: l’uomo è morto per alcune complicazioni legate alla malattia di Crohn. In ogni caso, questa tragedia ha determinato la chiusura della piattaforma di exchange, che allora aveva circa 115 mila utenti.
I grandi Ponzi di BitClub e OneCoin
Quest’operazione criminale è costata 722 milioni di dollari agli investitori: convinti a finanziare una squadra di minatori impegnati a estrarre criptovalute, veniva loro promessa una fetta degli incassi. Purtroppo però, il loro sogno di arricchirsi trafficando con le monete digitali ha avuto vita breve. Come si legge nel report, le vittime “erano incoraggiate a reclutare nuovi investitori”. Allo scopo era stato realizzato anche un sito web, che esortava le persone a partecipare: “Ottieni profitti quotidiani da tutto il bitcoin che viene guadagnato dal tuo team”. Soldi che non si sono mai visti: al contrario, diverse persone si sono ritrovate più povere di prima, con migliaia di dollari in meno. Non solo: i truffatori che avevano messo in piedi lo schema Ponzi si scambiavano continuamente email in cui deridevano i malcapitati, definendoli “stupidi” e “pecore”. Come dire, oltre al danno anche la beffa.
Un’altra truffa piramidale è quella legata alla criptovaluta OneCoin: la piattaforma è stata chiusa nel novembre scorso, dopo che le autorità americane hanno incriminato uno dei suoi fondatori per una gigantesca frode dal valore di diversi miliardi di dollari. Un colossale schema Ponzi internazionale che si basava sulla promozione commerciale della criptovaluta OneCoin. Sotto accusa Konstantin Ignatov, considerato uno dei leader dell’organizzazione che sta collaborando con le autorità, e sua sorella Ruja, definita “Crypto Queen“, sparita dai radar. Lo schema, applicato anche in Italia, operava a diversi livelli: i membri ricevevano commissioni per convincere altre persone ad acquistare la valuta digitale. Come ricorda un comunicato del procuratore del Southern District di New York, “OneCoin Ltd. ha detto che conta oltre 3 milioni di membri in tutto il mondo, incluso le vittime di New York. Le indagini hanno mostrato che, tra il quarto trimestre del 2014 e il terzo trimestre del 2016, la società ha generato oltre 3,353 miliardi di ricavi e guadagnato profitti per 2,232 miliardi”.
Einstein Exchange
La piattaforma canadese con sede a Vancouver ha chiuso i battenti il primo novembre, dopo essere stata accusata di un buco di 12 milioni di dollari: secondo la corte suprema della Columbia Britannica, Einstein Exchange non può restituire i soldi ai suoi clienti visto che i suoi fondi ammontano a circa 34 mila dollari in criptovaluta. Le indagini delle autorità erano cominciate nel maggio del 2019, in seguito ad alcune segnalazioni dei consumatori e i sospetti di un riciclaggio di denaro.
Inizialmente, la società aveva spiegato che si preparava ad abbassare le saracinesche in un massimo di 60 giorni, dopo il fallimento della trattativa di vendita dell’attività a un’azienda statunitense. In quel momento, la piattaforma di exchange aveva ribadito di possedere i fondi necessari per ripagare gli investitori. Così, la commissione incaricata di condurre l’inchiesta ha provato a verificare questa asserzione, chiedendo lumi agli avvocati di Einstein. Purtroppo però questi hanno risposto di non sapere nulla, visto che non rappresentavano più legalmente la piattaforma.
Le critiche del mondo finanziario tradizionale
Alla luce di questi episodi si comprendono i dubbi delle autorità finanziarie. Una delle ultime accuse risale a qualche giorno fa, quando il presidente della Federal Reserve Bank di Minneapolis Neel Kashkari ha definito le criptovalute come “un gigantesco secchio dell’immondizia”. Pur sottolineando le potenzialità future della blockchain, Kashkari ha fatto notare l’estrema volatilità del mercato delle monete digitali: un esempio lo ha offerto in passato il prezzo del Bitcoin che è aumentato di quasi dieci volte nella seconda metà del 2017 e per poi cadere di nuovo rapidamente.”La ragione per cui il dollaro ha valore è che il governo statunitense detiene il monopolio legale relativo alla sua produzione. Nel mondo virtuale delle criptovalute, ci sono migliaia di queste monete spazzatura”, ha spiegato il banchiere, aggiungendo che “le persone sono state derubate di decine di miliardi di dollari. E ora la Sec sta attuando un giro di vite su queste valute”.
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