All’età di 84 anni ci lascia l’artista che più di tutti ha lasciato un segno nella nostra contemporaneità, aprendo nuovi orizzonti nel mondo dell’arte.
Ieri nella casa di New York si è spento Christo Vladimirov Javacheff, conosciuto semplicemente come Christo, artista apolide sia come nazionalità (pur essendo nato a Sofia in Bulgaria) sia come appartenenza artistica, dal momento che fin dagli albori è stato in grado di giocare e reinterpretare tantissimi dei monumenti già esistenti semplicemente cambiando il punto di vista con cui guardare. Capace di far vivere l‘arte al di fuori degli schemi museali, insieme alla sua compagna di vita e di sogni Jeanne-Claude, ha girato il mondo lasciando un segno ad ogni latitudine.
Con lui va via un perno formidabile della Land Art, quel tipo di arte che si frapponeva tra l’antropizzazione e il paesaggio, caratterizzando un luogo offendo uno sguardo ed un nuovo modo di intendere l’ambiente e gli spazi. Sono celebri i famosi “impacchettamenti” dei più edifici come il Reichstag a Berlino, The Pont Neuf Wrapped a Parigi (1975-1985), o i celebri ombrelli gialli che hanno macchiato di colore un paesaggio apparentemente ostile e quasi monocromo giapponese con The Umbrellas in Japan and California (1984–91).
Il mondo dell’arte oggi è rimasto solo, con Christo va via l’idea di cosmopolitismo artistico, un uomo che ha caparbiamente inseguito sempre la sua idea artistica e i suoi sogni, esempio per le future generazioni di artisti e per coloro che vorrebbero apprendere il modo per vedere lo spazio intorno a noi non solo come fenomeno naturale ma come dialogo tra uomo e ambiente.
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