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Il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri all’XI edizione del Festival Liberevento

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Quella di ieri è, senza dubbio, una serata da conservare impressa tra i migliori ricordi della vita. Per il pubblico presente, per chi è riuscito a vedere solamente la diretta sui social network e per il Festival Culturale Liberevento.

Non era facile affrontare certe tematiche, non era nemmeno facile ospitare un personaggio come il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, persona che vive dal 1989 sotto scorta per aver deciso di combattere un sistema criminale come la ‘Ndrangheta calabrese. 

Per capire lo spessore della persona, è inevitabile ricordare brevemente il suo cursus honorum: nel 2009 viene nominato procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Il 18 giugno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri nomina Gratteri componente della task force per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata, dal febbraio 2014 è consulente della Commissione parlamentare antimafia. Il 1 agosto 2014, il Presidente del Consiglio  lo ha  nominato Presidente della commissione per l’elaborazione di proposte normative in tema di lotta alle mafie. 

Le parole e i pensieri sviscerati lungo le quasi due ore di intervento del Procuratore, sono state parole pesanti, soppesate e precise; c’erano pensieri profondi quanto l’animo umano, per arrivare proprio lì, nei luoghi dove tutti noi celiamo i sogni e le paure. 

Ancor più delle imponenti misure di sicurezza per la tutela dell’uomo, ciò che ieri ha lasciato un segno indelebile nelle coscienze delle persone sono alcune affermazioni che, pronunciate da chi agisce secondo la legge per il bene e il rispetto comune, diventano una boccata d’aria fresca in mezzo al fetore dei tanti ciarlatani da salotto televisivo.

“Negli ultimi 20, 25 anni, c’è stato un forte abbassamento della morale e dell’etica, nella cultura del mondo occidentale, ma in particolare in Italia.”. Così ha esordito nella prima fase del suo intervento Nicola Gratteri, concetto netto e prodromo della spiegazione di quel sistema criminale di stampo ‘ndranghetista che combatte da anni.

Nella lunga chiacchierata, magistralmente condotta dalla giornalista di Rai Radio3 Cristiana Castellotti, non ha affrontato esclusivamente la questione criminalità organizzata: Gratteri ha voluto incentrare buona parte del suo intervento sulla scuola, altra istituzione che ultimamente sta vivendo momenti difficili. 

“Da noi da decenni non si investe più in istruzione. Non dico in cultura, perchè si salta un passaggio. Molte volte si dice: bisogna investire in cultura. Non è cosi! Prima della cultura viene l’istruzione. Se tu non hai gli strumenti per leggere, per scrivere, non puoi parlare di cultura. Fai un salto. Allora, parliamo di istruzione, investiamo in istruzione.”

Così, in una notte di mezza estate, mentre un pedante martellamento mediatico scandisce le giornate della politica italiana, alle prese con la campagna elettorale più grottesca della storia repubblicana, Nicola Gratteri regala al pubblico una lectio magistralis a tutto campo su criminalità, rapporti tra mafia e politica, istruzione, giovani e la mancanza di una programmazione a lungo termine da parte di chi si appresta a governare questo paese. Tutto nel più rigoroso silenzio del pubblico, interrotto raramente da applausi sinceri, talvolta timidi, quasi a non voler violare quel tacito rispetto verso una persona la cui sincerità si presenta come importante biglietto da visita.

Per questo mi chiedo come sia possibile, in una democrazia, accettare ancora il fatto che chi decide di lavorare per il bene comune, per lo stato e le istituzioni, sia costretto a vivere una vita fatta di restrizioni, controllato a vista sotto l’occhio vigile degli uomini della scorta, mentre chi delinque, chi impedisce la crescita della comunità o impone il terrore, resti tranquillamente libero di passeggiare in piazza, andare al cinema e piegare la dignità di un popolo solo per interessi illeciti.

Grazie non sarà mai abbastanza, ma è l’unica parola che ci resta dopo averla ascoltata, insieme alla voglia di legalità.

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