L’allenatore della Roma, José Mourinho, analizza la sua Roma in vista dell’inizio della stagione (fra Conference League e Serie A), commentando le ultime scelte di mercato.
Primo bilancio – “Tanto lavoro! Sono molto contento, veramente. Sono state settimane dove abbiamo lavorato tanto, ma fa piacere quando hai tanta gente che vuole lavorare, che vuole migliorare, che ha grande motivazione, che ha voglia di fare bene. E non parlo semplicemente dei giocatori, parlo di tutti quelli che hanno fatto parte di questo pre-campionato“.
Mercato – “Non voglio dimenticare, ovviamente, un mercato super super difficile e il tanto tanto lavoro che c’è stato per il direttore Tiago, per gli scout, ovviamente per la proprietà, con decisioni difficili da prendere. Il mercato è diventato un po’ diverso da quel mercato che avevo pensato io inizialmente. Io avevo spiegato ai boss e al direttore il mio modo di analizzare la squadra e di pensare questo primo periodo della “mia”, tra virgolette mia, Roma. Il mercato è diventato diverso, è diventato diverso perché abbiamo perso Spinazzola per tanto tempo e perché abbiamo perso anche Dzeko. Il mercato è diventato diverso perché inizialmente abbiamo pensato solo a un attaccante e non a due e non abbiamo mai pensato a un terzino sinistro. Il mercato si è trasformato in questo modo. E quando si è trasformato, è diventato più difficile perché è andato in una direzione che noi non avevamo programmato, visto che eravamo preparati per andare in un’altra direzione. E penso che il club è stato bravissimo. Sarà la prima e spero l’ultima volta che lo dico: mi mancherà qualcosa che avevo pensato quando ho analizzato la squadra inizialmente, mi mancherà qualcosa, però devo solo ringraziare per il mercato che hanno fatto per noi“.
Ai nastri di partenza – “Dopo tanto lavoro, però, adesso arriva il momento che piace a tutti, perché anche se io sono uno che dice sempre “non mi piace la parola amichevoli”, “le partite sono partite”, “non mi piace la parola amichevole”, e abbiamo cercato di prendere esattamente questo come una motivazione per tutti, la verità è che per i tre punti si gioca domenica contro la Fiorentina e ancora più difficile che giocare per i tre punti è giocare a “knockout”: iniziamo giovedì in Turchia e questa è la pressione positiva che voglio io, che vogliono i giocatori e sicuramente anche i tifosi si divertono molto di più con partite vere, come mi piace chiamarle”.
La rosa – “Mi piace tanto. Non posso dire molto di più, mi piace tanto. Però penso che anche l’organizzazione del lavoro sia piaciuta a tutti. Di solito abbiamo lavorato, come hai detto tu, ad alta intensità, perché è così la nostra filosofia, è così che capiamo il lavoro, alla fine tu giochi come ti alleni e si può anche dire tu ti alleni come giochi. E vogliamo giocare ovviamente con intensità. Abbiamo fatto questo ogni giorno. Però c’è anche un lavoro un po’ più invisibile, più difficile da capire, principalmente per voi da fuori, che è stato anche un lavoro in palestra, di prevenzione, di recupero“.
Gruppo – “Credo che dal Portogallo siamo andati via migliorati come squadra dal punto di vista tecnico-tattico, però principalmente migliorati come gruppo, grazie a una conoscenza più profonda. E questo è fondamentale, perché alla fine questa è la famiglia. Se arriveremo alla fine del campionato, ci renderemo conto che saremo stati più tempo con questa famiglia che con la famiglia di casa, di sangue. La squadra è veramente unita“.
Difesa – “Dal punto di vista dell’organizzazione difensiva, siamo andati molto molto bene – abbiamo subito un gol contro il Porto al novantesimo – con la squadra organizzata molto bene, per seguire i principi sui quali abbiamo lavorato. In fase di possesso palla abbiamo capito che c’è tanto ancora da migliorare: voglio più controllo nel gioco, voglio più intensità nell’uscita in transizione“.
Rissa – “Quella piccola rissa contro il Porto mi è piaciuta tanto, in termini di controllo delle emozioni, non è successo niente di particolare che possa andare dal cartellino giallo al rosso, semplicemente è stata una partita molto molto buona dal punto di vista della competitività. Con il Betis è un’altra storia, è una storia – penso io – che ha tanti responsabili per il modo in cui la partita è finita. Secondo me, il primo responsabile è l’arbitro e il secondo responsabile sono io, perché non posso essere io a provocare quello che è successo dopo, perché la squadra mi ha seguito nella mia reazione emozionale e abbiamo finito con tre-quattro cartellini rossi. Ripeto: responsabilità mia. Però mi piacerebbe anche che l’arbitro arrivasse a casa e pensasse “ma che ho fatto io di un’amichevole buona, una partita che era stata buona, che ho fatto io per farla finire così?”
Dzeko – “Si capiva che sarebbe andato in un altro club, però si respiravano un po’ di dubbi: “lui va via, arriva qualcuno, non arriva…” Ho sentito i giocatori molto più preoccupati da questa situazione che concentrati sulla fine del ritiro precampionato. Detto questo, prima di tutto, devo dire grande direttore e grandissima proprietà: il boss Dan, Ryan e Tiago sono stati bravissimi. Perché la realtà è che abbiamo iniziato il pre-campionato pensando di avere Dzeko ed è stata un po’ una sorpresa per tutti noi quello che è successo. In un mercato incredibilmente difficile e in una situazione economica, vorrei dire per tutti, però per quasi tutti i club, difficile, avere la disponibilità, avere l’ambizione, avere questo rispetto per l’emozione dei tifosi, avere questo tipo di reazione… Dopo aver perso Dzeko portare a casa Tammy Abraham è stato quello che voi italiani definite “il colpo di mercato”, tanto che dal mio punto di vista, anche se lui non fosse arrivato, io avrei avuto sempre la sensazione positiva che la mia proprietà e il mio direttore avessero fatto tutto il possibile per avere una reazione fortissima alla partenza di un giocatore come Dzeko. Loro sono stati fantastici“.
Abraham – “Su Tammy preferisco dire “aspettate e vedrete”, lo dico con tutta la mia fiducia. Lo conosco da bambino, non ha giocato mai per me, perché quando io ero al Chelsea lui era veramente un “bambino” di 14-15-16 anni, però lo conosco molto molto bene, lo conosco come giocatore, come persona, come mentalità, so come ha preso la decisione sempre difficile, per un giocatore inglese, di lasciare la Premier. Questo mi dice tanto, tanto, perché quando tu lasci la Premier, tu la lasci perché hai ambizione, tu la lasci perché tu vuoi tornare in Nazionale, perché tu vuoi giocare il Mondiale, perché vuoi vincere fuori dall’Inghilterra dove non tanti giocatori inglesi hanno avuto grandissime carriere. Lui viene con questa ambizione, poi aspettiamo di vedere le sue qualità come giocatore, ma con Tammy, con Eldor e con Borja, abbiamo un gruppo di attaccanti che mi lasciano veramente felice“.
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