Costume e societàCulturaIstruzionePrimo PianoWeb

La pagina Facebook del museo Mar di Ravenna censurata per una foto artistica ritenuta “porno” da un algoritmo

Condividi

I social Network sono diventati piazze dove comunicare, spesso trasformati in vere e proprie pattumiere verbali dove tante persone decidono di riversare tutte le proprie frustrazioni “Urbi et Orbi”. Nonostante i regolamenti etici che, i social, stanno adottando per arginare una deriva che presumibilmente risulterà inarrestabile, ci sono situazioni in cui un algoritmo può decidere di censurare o comunque  bandire momentaneamente alcune pagine o utenti per violazione di condotta etica.

Un algoritmo chiaramente non ha un pensiero cosciente, ma chi lo progetta si. Quindi non sorprende il caso del Museo d’arte della città di Ravenna che, per circa un mese, ha visto la propria pagina Facebook chiusa per “contenuti ritenuti pornografici”. L’oggetto del contendere sarebbe la mostra personale dal titolo Studio Luce del fotografo Paolo Roversi, conclusasi il 6 giugno scorso, nella quale un scatto con un nudo artistico veniva identificato e riconosciuto come “contenuto pornografico”.

Ora, un algoritmo non ha certamente la capacità di discernere il bene e il male, obbedisce a regole pre impostate che chiaramente non hanno capacità intellettive. Ma chi sta dietro, chi dovrebbe verificare la correttezza delle segnalazioni e dei blocchi, ha il compito di assicurarsi che tutto si svolga in maniera corretta. Perchè nel mondo dei social dove a fatica si chiudono pagine per contenuti razzisti, o dove migliaia di utenti pubblicano contenuti che spesso oltrepassano palesemente il confine oggetto di censura, rimanendo pubblici, ci si interroga come mai troppo spesso sia il mondo dell’arte ad essere oscurato.

Anni fa un mio articolo su un evento di danza alla Scala di Milano, con protagonista Roberto Bolle, venne censurato dal social network perche la fotografia allegata violava il regolamento etico:  Bolle nell’atto di danzare con una ballerina, entrambi con parti del corpo scoperte come si confà a molte rappresentazioni di danza, era ritenuto come contenuto “porno”. Nonostante la mia segnalazione quel post non fu mai reintegrato.

Il museo ravennate consuma lunga nota ha spiegato che “questa censura comincia a pesare e a complicare la vita di attori culturali come il nostro museo, che si trova costretto dal 28 maggio scorso a rinunciare alla promozione dei propri eventi e delle proprie collezioni sul social network più popolare, mentre contenuti violenti e volgari continuano a circolare liberamente sul web”.

Paolo Roversi è oggi considerato uno dei fotografi di moda di maggior talento, i suoi scatti sono riconoscibili anche ad uno sguardo superficiale ma questo non l’ha salvato dall’empia mano di un algoritmo mal gestito da chi dovrebbe verificare le scelte. Roversinon è il solo ad essere caduto nella fitta rete censoria di Facebook, successe anche a Marina Abramović, le cui opere sono state oscurate dal social network in occasione della grande mostra a lei dedicata a Palazzo Strozzi.

Forse basterebbe una conoscenza approfondita dell’arte e della cultura preliminare i danni, in modo da percepire il grave danno inferto alla cultura in favore di controlli insoddisfacenti verso pagine o profili palesemente non conformi alla morale e al senso civico.

Comment here