Circa un anno fa avevamo trattato in maniera approfondita un argomento scottante. Durante un’intervista con l’imprenditore Ilario Serci (la trovi qui) veniva chiesta l’efficacia delle mascherine autoprodotte che, comprensibilmente, era vicina allo zero assoluto.
Ne scaturì però una feroce reazione. Non solo da parte delle sarte. Anche e soprattutto da parte di alcuni dirigenti sanitari che, in nome del reciproco sostegno con il mondo artigianale, ne benedicevano l’utilizzo. E, per essere onesti, il fatto più raccapricciante riguardava i duri attacchi personali ricevuti: “Lo dice solo perché ci guadagna, non ha a cuore il contenimento dei contagi”, “Non apprezzate nulla, il lockdown vi ha offuscato la mente”, ecc…
Certo, eravamo solo all’inizio della pandemia e nessuno sapeva esattamente come muoversi. La ragione, in particolare, andrebbe ricercata all’interno di un piano pandemico nazionale mai aggiornato. Capisco però quanto sia inutile, adesso, sollevare ulteriori polveroni.
La denuncia dell’anno scorso, giusto per capire in quale direzione ci stiamo intrufolando, era mirata ad una più ampia conoscenza dei pericoli derivanti dall’utilizzo di mascherine fuori norma. Perché, se si fosse riusciti a salvare anche solo una vita grazie a quell’articolo, il lavoro sarebbe stato già ampiamente ripagato.
Tuttavia, le insidie non riguardano solo il mondo del fai-da-te.
Una società internazionale di import-export dell’Alto Adige ha lanciato l’allarme sulle pagine del Corriere della Sera. Terrorizza il risultato di una serie di test sui dispositivi di protezione individuale (importati dall’Asia) certificati con il marchio CE2163, codice rilasciato dalla Universalcert, un laboratorio di Istanbul, in Turchia. “Secondo i dati riportati dall’azienda, la maggior parte delle mascherine non avrebbe superato la prova del cloruro di sodio e dell’olio paraffina, per verificarne la capacità di filtraggio, mentre alcune non sono state nemmeno in grado di contenere il respiro”.
“Il messaggio che vogliamo lanciare è di fare molta attenzione alla merce che si trova sul mercato: in questa fase una buona mascherina può fare la differenza tra la vita e la morte. Specialmente in luoghi come le case di riposo, gli ospedali o i servizi sociosanitari. O le scuole visto che esistono anche linee per bambini”. Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici italiani, ha spiegato il percorso che deve essere fatto dai prodotti sanitari per poter essere immessi sul mercato europeo, sottolineando come “purtroppo non esiste un percorso di controllo a livello centrale” e quindi sarebbero opportuni degli enti di certificazione per le mascherine come l’Ema in Europa e l’Aifa in Italia per vaccini e farmaci.
Nessuno ha mai risposto con chiarezza alla reale efficacia delle mascherine auto-prodotte. Ma possiamo arrivarci con un semplice ragionamento, molto intuitivo. Ecco perché invece, l’unico modo per essere sicuri di non contrarre il Covid, è quello di indossare una mascherina Ffp2 o Ffp3.
Anche se le mascherine da sole non bastano: serve il distanziamento sociale e serve areare frequentemente i luoghi chiusi.
Mascherine di comunità/di stoffa
Le mascherine di stoffa, quando espiriamo, inibiscono il flusso d’aria e quindi la distanza che i germi possono percorrere. Il loro scopo non è però quello di proteggere le persone che le indossano dalle infezioni: proteggono gli altri dai germi di chi le indossa.
Dal momento che tutti siamo potenziali portatori del virus, e visto che la trasmissione è anche causata da persone asintomatiche, la logica alla base delle mascherine di comunità è che se tutti le indossano, il rischio complessivo di infezione nella società diminuisce. Ma c’è un problema: tantissime persone non coprono il naso. Non si disinfettano le mani. Quindi in teoria è tutto molto bello, ma nella realtà continuiamo ad infettarci grazie all’installazione (nella mente) di un’errata idea di sicurezza.
Mascherine chirurgiche
Le mascherine chirurgiche usa e getta garantiscono una protezione in uscita, cioè nei confronti degli altri nel caso in cui fossimo positivi al Coronavirus.
Sono costituite da un tessuto speciale sottile monouso. Se chi le indossa tossisce o starnutisce, la maggior parte delle goccioline dalla bocca e dalla gola rimangono impigliati nella mascherina. Funzionano solo se vengono cambiate regolarmente (almeno ogni 2 ore) e smaltite in modo igienico e sicuro. Indossate di continuo perdono la propria efficacia. In quanti cambiano mascherina ogni 2 ore?
Mascherine filtranti
Esistono le mascherine con un vero e proprio effetto filtro. Possono essere usa e getta, realizzate in cellulosa dura pressata con elemento filtrante e valvola di espirazione, oppure in plastica, in cui viene inserito un filtro da cambiare con regolarità.
Nell’Unione Europea, questi tipi di mascherine sono suddivisi in tre classi di protezione Ffp. Solo le Ffp2 o Ffp3 proteggono anche in entrata, cioè proteggono noi dagli altri e gli altri da noi.
Ffp1
Delle Ffp1 praticamente non si sente mai parlare. Sebbene siano migliori delle mascherine chirurgiche, non offrono la protezione desiderata contro il Covid e gli altri virus. Sono destinate ad esempio a chi lavora in ambienti estremamente polverosi, come falegnami, costruttori, decoratori e muratori.
Ffp2 / N95 / KN95/ P2
Le mascherine Ffp2, equivalenti agli altri standard internazionali N95, KN95 e P2, forniscono un certo livello di protezione contro i virus per chi le indossa, ma non devono essere utilizzate a contatto con pazienti infetti.
Ffp3 / N99 / EN149 / P3
Solo le mascherine Ffp3, più o meno equivalenti agli standard internazionali N99, EN149 e P3, proteggono con efficacia chi le indossa da goccioline di aerosol, virus, batteri, funghi e spore e persino da polveri pericolose come le fibre di amianto. A differenza delle altre, queste mascherine filtranti possono proteggere chi le indossa anche da un agente patogeno altamente infettivo come il morbillo o la tubercolosi.
Le Ffp3 sono utilizzate quasi esclusivamente dal personale sanitario, visto il costo e il livello di protezione. Le Ffp2 si trovano ormai facilmente in commercio, a un costo medio di circa 2 euro. In alcuni Paesi sono diventate obbligatorie nei luoghi chiusi come locali e negozi proprio per la maggiore efficacia e quindi sicurezza rispetto alle varianti più contagiose.
Due mascherine sovrapposte meglio di una
La Food and Drug Administration (CDC) degli Stati Uniti ha condotto test con doppia mascherina e ha concluso che può ridurre il rischio di infezione addirittura del 95% rispetto a una semplice mascherina.
Perché stare attenti al marchio CE2163
Ora emergono dubbi rispetto all’efficacia di alcune mascherine. Dopo l’allarme sulle mascherine realizzate appositamente da FCA su mandato del Governo e distribuite a scuola, risultate non abbastanza efficaci, e dopo le critiche nei confronti delle “mascherine dei vip” U-Mask, siamo sicuri che le Ffp2 proteggano?
La maggior parte dei dispositivi difettosi è stata certificata con il cosiddetto marchio CE2163. Perché? In questo contesto pandemico beneficiano di un canale privilegiato: cioè l’autocertificazione europea non è soggetta ad alcun controllo.
In parole povere, chi produce mascherine e le vuole vendere in Europa deve rivolgersi a un laboratorio europeo accreditato per la certificazione. La documentazione viene inviata all’apposito ufficio della Comunità europea dove viene rilasciato il marchio CE. “A questo punto tutti gli Stati membri sono autorizzati ad acquistare le mascherine” spiega al Corriere il presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici italiani, Pierangelo Clerici.
Ecco come emergono tutte le criticità relative al marchio CE: andrebbe concesso solo a seguito di accurate verifiche volte a controllare quanto dichiarato dalle aziende.
Mancati controlli e procedure in deroga dell’Inail
Gli eventuali controlli da parte dell’Istituto Superiore di Sanità o del Ministero della Salute non sono obbligatori. Oltretutto sono in genere affidati ai Politecnici o a Istituti di Fisica delle Università. Vista la situazione pandemica c’è una deroga e quindi lo schema salta: questi ulteriori test non vengono effettuati.
L’Inail, tramite procedura d’urgenza attivata per favorire l’approvvigionamento di mascherine, può autorizzare la commercializzazione di presidi fabbricati in Cina che diversamente non sarebbero validi in Europa. L’Inail non ha alcun obbligo di verifica, ma solo di rilasciare un parere in deroga.
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