Il Bayern Monaco vince la sesta Champions League della sua storia battendo il Paris Saint Germain per 1-0. La partita é stata decisa da Coman, schierato un po’ a sorpresa da Flick in sacrificio di Perisic.
Chi vince, anche se alza la coppa più importante che si assegna in Europa, non ha sempre ragione. I tedeschi per arrivare a questo trofeo hanno vinto undici partite su undici, un rullo compressore, un incedere senza sbavature e insicurezze.
Il Paris ha giocato meglio nel primo tempo, ma è stato tradito prima da Mbappé e respinto poi da Neuer, un portiere che ancor oggi è tra i migliori del mondo. Straordinaria la stagione di Hans Dieter Flick che, subentrato a Kovac, di cui era il secondo, ha conquistato Bundesliga, Coppa di Germania e Champions League, un triplete che resterà nella memoria assieme a quello di Jupp Heynckes. Flick succede nell’albo d’oro a Jurgen Klopp, a dimostrazione, come scritto qualche giorno fa, che sono i tedeschi ad avere gli allenatori più vincenti al mondo.
È stata una finale aperta ad ogni soluzione, anche se ci si aspettava più gol. Se non sono arrivati il merito è stato dei due portieri (Keylor Navas è rientrato), ma soprattutto di Neuer. Suo il primo intervento al 18’ sul taglio di Neymar servito da Mbappé. Il brasiliano ha incrociato il tiro ma il portiere tedesco ha prima respinto di piede e poi messo in angolo il successivo tentativo di cross. Il Bayern, schierato con il canonico 4-2-3-1, si è visto per la prima volta tre minuti dopo con il solito Lewandowski. Una palla buttata in mezzo all’area è stata prima domata dal polacco e poi scagliata in girata contro il palo. Nonostante la parità nel numero delle occasioni, c’è stato più PSG che Bayern. I francesi ripartivano in campo aperto con i propri velocisti (Di Maria, Neymar e Mbappé) perché il Bayern non faceva girar palla con fluidità, e nemmeno riusciva ad attaccare sugli esterni. La squadra di Tuchel non ha corso mai un pericolo, al contrario di quella di Flick che era molto esposta alle scorribande dei contropiedisti.
Due volte il PSG ha avuto l’occasione per passare in vantaggio. La prima con Di Maria che, servito da Ander Herrera, dopo una grande ripartenza di Neymar, ha calciato di destro (altissimo) a due passi dalla porta. La seconda con Mbappé che, approfittando di un errore di Alaba, ha avuto la possibilità di battere dall’altezza dell’area del portiere. Da lì il francese segna nove volte su dieci, ma nella circostanza ha tirato addosso a Neuer. Mbappé non è stato insufficiente solo per questo, ma per altre due circostanze in cui ha vanificato l’uno contro uno e concluso con velleitari tiri a giro, puntualmente murati.
La finale è stata decisa un minuto prima dell’ora di gioco, durante una fase in cui i ritmi erano bassi e le due squadre pensavano solo a non fare errori. Purtroppo per il PSG a sbagliare è stato l’esterno di destra Kehrer che, su cross profondo di Kimmich, si è fatto scavalcare dalla parabola, lasciando libero Coman di colpire di testa in diagonale.
Ora il fatto che una finale di Champions la decida un ex juventino (fu lanciato da Allegri) può far sorridere amaramente i tifosi bianconeri. In realtà da allora ad oggi sono passati tanti anni, il ragazzo è maturato, si è calato nel calcio tedesco e ha trovato un allenatore che crede in lui. La Juve non può rimpiangerlo perché non si tratta di un fuoriclasse. Tuttavia una riflessione la merita: quanti giovani calciatori sarebbero cresciuti in una squadra italiana senza che venisse rovesciata loro addosso la pressione del doversi imporre?
Dopo il gol del Bayern si è giocato poco e male, cioé con tanti errori nei passaggi. L’unica grande occasione per pareggiare, il PSG l’ha avuta a venti minuti dalla fine con Di Maria che, defilato a destra, ha inventato un servizio per Marquinhos. Il brasiliano, ad un paio di metri da Neuer ha calciato ma ancora una volta il portiere ha respinto. L’unico italiano in campo, a parte l’arbitro Orsato e gli assistenti Manganelli e Giallatini, è stato Verratti che, al 64’, ha preso il posto di Paredes. L’ex pescarese, reduce da un infortunio ad un polpaccio che gli ha fatto perdere il posto da titolare nelle tre partite più importanti della stagione, non ha fatto male.
Il problema è che, a quel punto, il PSG stava uscendo dalla partita senza averne piena consapevolezza. Il Bayern, più forte e più smaliziato, lo ha lasciato sparire lentamente tra i falli di frustrazione di Neymar e l’inesorabile mestizia dei perdenti.
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