Si discuterà (e voterà) il 16 luglio prossimo la mozione di sfiducia presentata e sottoscritta da 10 esponenti su 12 dell’opposizione, nel consiglio comunale di Carbonia.
Il documento, protocollato il 24 giugno scorso, sarà sottoposto al vaglio dei consiglieri che dovranno decidere se staccare la spina alla giunta Massidda o se rinnovarle la fiducia di sicuro fino alle elezioni amministrative del 2021.
Sulla carta la maggioranza dovrebbe ancora avere, seppur in maniera estremamente risicata, i numeri per andare avanti. Sarebbero infatti 13, compresa la Sindaca, i voti di cui disporrebbe il M5S, da contrapporre ai 12 (per ora solo sulla carta) dell’opposizione; sui quali vige l’incertezza rispetto alle scelte che adotteranno le consigliere Garau e Cera che oltre a non aver firmato la mozione di sfiducia, ancora non hanno svelato fino in fondo le proprie intenzioni.
Un vero e proprio banco di prova, quindi, per l’amministrazione comunale. Che da questo esame potrebbe uscire compattata e rafforzata, nonostante le numerose defezioni degli anni passati fra assessori e consiglieri dimissionari, col voto granitico dei suoi consiglieri o indebolita se la mozione non passasse unicamente in virtù del sostegno di qualche esponente di minoranza.
In realtà l’amministrazione pentastellata senza volerlo o aver fatto nulla di proprio, ha già raggiunto un primo risultato: ovvero quello di essere passata indenne alle settimane di attesa e organizzazione, previste dal TUEL, prima dell’approdo in aula della mozione. A differenza di ciò che era prevedibile o sembrava plausibile: ossia un periodo nel quale la maggioranza sarebbe stata quotidianamente messa sotto pressione nei media e fra i cittadini, nel dibattito pubblico, quasi come sopra una graticola per essere cucinata a fuoco lento in attesa del fatidico giorno. I giorni di attesa sono passati pressoché nel silenzio. Con pochi lampi e sassi nello stagno, se non unicamente da parte di qualche consigliere ancorato a una visione romantica della politica.
Quasi come se la mozione di sfiducia non fosse stata proprio presentata.
Un segno di apatia, disorganizzazione e assenza di leadership dell’opposizione o forse solo paura. Paura di spingere sull’acceleratore, di effettuare reali pressioni su chi amministra e su chi nella stessa minoranza fosse tentato dal diventare stampella. Insomma paura di vedere approvata la sfiducia: per il timore probabilmente di dover riandare a elezioni in tempi rapidi e misurarsi nuovamente con l’agone elettorale in una condizione di evidente disorganizzazione partitica.
Non sono sfuggiti ai più attenti, infatti, gli interventi in svariati ambiti di coloro che si sono domandati in queste settimane: sfiduciarli per fare cosa e con chi?
In particolare a sinistra, dove oltre i proclami di chi ha già dichiarato di voler perseguire progetti alternativi, senza però effettuare un passo in avanti concreto in tal senso, vige la confusione più totale su alleanze e potenziali candidati a Sindaco.
In realtà in tantissimi auspicherebbero l’unica soluzione che compatterebbe tutto l’ambiente e garantirebbe importanti possibilità di vincere: il ritorno del “salvaTore (Cherchi) della patria”. Colui che già nel 2001 salvò in extremis il centrosinistra cittadino contro ogni pronostico.
E che nel 2010 fu letteralmente implorato di scendere in campo alle elezioni provinciali onde evitare il certo tracollo elettorale.
Tuttavia l’interessato continua a negare ogni suo possibile coinvolgimento.
Ma la realtà contraddice ogni razionale approccio al tema, quale: l’età avanzata di Cherchi, i rischi di un suo ritorno senza la massima condivisione politica e sociale e i risicati spazi di manovra amministrativa (vedi bilancio economicamente ristretto) se rivincesse.
Perché una domanda assilla i più in quell’area politica: se non scenderà in campo il “salvaTore”, chi potrà sostituirlo con la stessa capacità di aggregare largamente oltre i tradizionali perimetri della sinistra e resuscitare attivisti, simpatizzanti ed elettori, da anni ibernati o relegati nell’astensionismo o nel voto di protesta?
In un ambito sempre più litigioso, diviso ed elettoralmente rarefatto, “il ritorno (in extremis) del re”, potrebbe davvero rappresentare l’ultima spiaggia per il centrosinistra. E contestualmente quell’elemento in grado di disinnescare anche ogni altro potenziale, credibile, progetto di coalizione civica o di centrodestra. Perché con lui in campo, è convinzione di molti, la competizione frontale sarebbe ardua impresa per tutti.
Egli lo sa bene e con proverbiale calma e apparente distacco osserva gli eventi. Consapevole di essere l’unico ad avere in mano la colla giusta per ricomporre, ove ce ne sarà bisogno e quando sarà il momento giusto, i cocci che in questi anni si sono sfracellati nel campo progressista/popolare cittadino.
Ragionamenti avveniristici (per ora) a parte, è certamente singolare che la città si sia come fermata in questi anni e il dibattito pubblico somigli a quello di oltre un decennio fa alle soglie della grande crisi economica del nostro territorio. Ma il lento declino della classe dirigente non può essere certo addebitato a chi la stessa classe dirigente aveva contribuito ad esaltarla. Forse le responsabilità andrebbero addebitate a chi per calcolo o timore non si è voluto mettere in gioco o stenta a farlo anche adesso.
In virtù di quanto sopra espresso il M5S, paradossalmente, pur con i suoi problemi, le sue fibrillazioni interne, i tanti errori e i fallimenti amministrativi in questi anni, è oggi, in questo preciso momento, una delle poche realtà politiche cittadine organizzate. Se si andasse a elezioni ora, infatti, incontrerebbe molte meno difficoltà di altre aggregazioni che, come detto in precedenza, non solo non hanno trovato la quadra al proprio interno ma in molti casi non hanno nemmeno un’idea politica di cosa fare o essere alle prossime elezioni comunali.
Ovviamente il Movimento non può e non sarà la forza politica da battere nel 2021. Non lo era nemmeno nel 2016 visti i risultati del primo turno e lo scarso radicamento sociale. Tanto più dopo anni di amministrazione, almeno nei fatti, grigia e raramente concludente. Ma oggi, come allora, rischia di essere quella compagine che si avvantaggerà delle divisioni e guerre intestine degli altri. Questo è certo.
Oltre queste digressioni sulle prospettive elettorali, va ribadito che la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni, da formidabile strumento di propaganda politica, stanti così le cose, potrebbe davvero diventare un boomerang o nella migliore delle ipotesi un bluff controproducente o che non sposterà di una virgola gli equilibri.
Anche se la storia del M5S cittadino ci ha abituato a scenari così imprevedibili (6 assessori, tre consiglieri dimessi e due passati nelle file dell’opposizione) che ogni previsione potrebbe essere azzardata e ribaltata il giorno stesso della discussione…
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