I funerali di Gigi Riva vanno oltre qualsiasi esempio di commemorazione funebre. Il calore arrivato dalle oltre 30 mila persone (alcuni stimano addirittura 50 mila, ma poco importa), accorse ieri pomeriggio nella Basilica di Nostra Signora di Bonaria da ogni angolo della Sardegna e d’Italia per rendere omaggio a “Il più grande di tutti”, rappresenta l’affetto e l’amore di un intero popolo verso il suo Eroe. Gigi Riva era ed è questo: la sua scelta di vita gli ha permesso di diventare il “Garibaldi sardo”, il Simon Bolivar del ‘900 che si è fatto sardo tra i sardi. E di questo ne era consapevole egli stesso.
Il toccante omaggio dell’Isola a Riva è una lezione di vita, di valori e di umanità. Cagliari e l’intera Sardegna si sono fermati per due giorni, e in pellegrinaggio sono andati prima alla camera mortuaria allestita all’interno dell’Unipol Domus (Stadio del Cagliari Calcio) e poi alla Messa, dove in conclusione il figlio Nicola, oltre a ringraziare tutta l’Isola, ha espresso quanto Rombo di Tuono fosse figlio, fratello, padre, nonno, parente di ogni sardo. La leggenda sconfina le generazioni, non conosce gli anni, e anche chi non ha avuto la fortuna di vederlo giocare o di conoscerlo di persona, sa a memoria ogni singolo gol, ogni singola prodezza umana È entrato a far parte della storia della Sardegna come patriota, in quanto è stato capace nella difficile impresa di riunificare, dopo Eleonora d’Arborea, un popolo diviso e non capito, dilaniato da stereotipi da parte dei “continentali”, ridando senso e possibilità sociale e culturale all’Isola. Per questo in Sardegna è facile sentir parlare di un “prima Gigi Riva” e un “dopo Gigi Riva” (anno corrente 61 d.GR.), e se in Italia conoscono (anche se spesso solo di nome) la Sardegna, non solo per i pastori, i banditi e il mare, lo si deve a Riva e ai suoi compagni dello storico Scudetto ’69-70, dando un significativo slancio a quello spirito sardista quasi utopistico. Gigi Riva ha iniziato una rivoluzione, una consapevole presa di coscienza, e forse questa si fa concreta oggi anche dalle tante proposte popolari come la sostituzione della statua di Carlo Felice a Cagliari (mai amata dai sardi) con quella di Riva, o le strade intitolate al tiranno piemontese con una nuova denominazione.
Riva e i suoi apostoli, i suoi profeti, i suoi dilaniatori; Riva il poeta, l’artista, il Santo laico, acclamato dal “Rombo” delle navi al porto, come e forse più di Sant’Efisio, dal religioso silenzio durante la messa officiata da Monsignor Baturi, al “Tuono” di applausi incessanti durati 40 minuti, dalle lacrime commosse di anziani, adulti, giovani e bambini, ai fumogeni, al coro, alle bandiere, alle sciarpe degli Sconvolts e dei Cagliari Club, e a Piero Marras che intona la celebre canzone “Quando Gigi Riva tornerà”… probabilmente non ci sarà mai più un Gigi Riva, ma Rombo di Tuono è per sempre e da oggi, ancora di più, farà parte della cultura sarda, tra i simboli di Cagliari, e del mito di Atlantide. Le leggende non muoiono e gli dei restano per l’eternità.
di Matteo Guidarini
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