“I Comitati, i Sindaci, l’Anci, la politica regionale, i Deputati e Senatori sardi dovrebbero prendere atto che il “far west” sulle rinnovabili non si può fermare chiedendo una semplice moratoria in quanto il decreto legislativo n°199 dell’8 novembre 2021 non lo consente. Occorre modificare il decreto facendo squadra con i parlamentari delle altre regioni del sud Italia che stanno subendo come noi la colonizzazione energetica.”A scriverlo il comitato porto Solky di Sant’Antioco in una lettera inviata all’Anci con l’invito di diramarla a tutti i comuni della Sardegna.
“Facciamo un passo indietro, – scrivono dal comitato – ritorniamo all’8 novembre del 2021, ovvero qualche mese prima che iniziasse l’assalto speculativo alle coste sarde con la presentazione dei giganteschi parchi eolici off-shore. In questa data il Governo Draghi emana il decreto legislativo n°199 in attuazione della direttiva UE 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Le indicazioni europee sono chiare:
punto19- L’energia elettrica da fonti rinnovabili dovrebbe comportare il minor costo possibile per i consumatori e i contribuenti. E ancora al punto 27- La pianificazione delle infrastrutture necessarie ai fini della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili dovrebbe tenere conto delle politiche relative alla partecipazione delle persone interessate dai progetti, in particolare la popolazione locale.
Vi risulta che questo stia accadendo? Tutt’altro, tant’è che il decreto legge 17 maggio 2022 n° 50 sulle misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, con l’art.7 sulla Semplificazione dei procedimenti di autorizzazione, nega il diritto di voto alle Regioni per i procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica rinnovabile. Ma l’aspetto più assurdo, nonché chiave di lettura dell’attuale impasse, è che il suddetto decreto legislativo n°199 agli art.20 Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili comma 6 e all’articolo23 Procedure autorizzative per impianti off-shore e individuazione aree idonee al comma 5 decretano che Nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione per le domande già presentate. Tra l’altro questo diktat non è indicato o richiesto dalla direttiva europea 2018/2001. Alla luce di quanto sopra occorre domandarsi che senso ha che una Regione chieda al Governo una moratoria quando questa non può essere concessa perché non prevista da un decreto legislativo.”
Per il comitato si tratta di “una battaglia persa in partenza e i dubbi sulla buona fede di una grossa parte di politici viene così a vacillare. E’ altresì chiaro che questo temporeggiare ci allontana da una equa soluzione che vede la Sardegna e il suo popolo beneficiare dalla transizione energetica piuttosto che subire inerme l’ennesima devastante colonizzazione come quella dei savoia che disboscarono la terra Sarda.”
Per Rolando Marroccu portavoce del comitato “Si dovrebbe accelerare il processo di individuazione delle aree idonee a mare e a terra dove installare gli impianti. Processo che come indicato dal Parlamento europeo dovrebbe garantire la partecipazione della popolazione locale. Quindi una volta pianificato il fabbisogno energetico si potrebbero mandare a bando le aree idonee così da mettere in competizione i proponenti soprattutto sulle compensazioni socio economiche che offrirebbero al territorio ospitante gli impianti e le relative servitù. Per fare ciò occorre modificare il decreto legislativo n°199 al fine di poter applicare la moratoria nonché il decreto legge n°50 per restituire il potere decisionale ai territori. Questa però non è una battaglia che possiamo condurre e vincere da soli in parlamento. Poiché anche Sicilia, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria ed altre regioni stanno subendo la colonizzazione energetica, è indispensabile che Comitati, Sindaci, l’Anci, la politica regionale, Deputati e Senatori sardi si rendano promotori di un fronte unico in Parlamento coinvolgendo le altre regioni del sud Italia e i loro parlamentari. Questa è l’unica soluzione percorribile che può salvare la Sardegna.”
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