Gli scatti catturano subito l’osservatore, merito dell’occhio del fotografo sardo Fabio Piccioni, autore del lavoro Land of Mines, visitabile per tutto il mese di settembre nella cornice del Museo del Carbone all’interno della Grande Miniera di Serbariu.
La mostra fotografica già presentata in più occasioni in Sardegna, nel resto della Penisola e in Europa, è stata inaugurata a Carbonia nella giornata di venerdì 1 settembre alla presenza dell’autore e racconta un’epoca, quella estrattiva, che ha segnato la storia sarda del Novecento: con i suoi scatti Fabio ripercorre il periodo minerario dell’isola attraverso la documentazione delle aree industriali ormai dismesse e abbandonate e delle sue genti, i macchinari in disuso, le gallerie sotterranee, che nel corso degli anni hanno modificato in maniera importante alcune aree geografiche dell’isola mutate grazie all’antropizzazione umana eseguita in funzione dell’attività industriale, che ormai plasmata e radicata continua a farsi spazio resistendo alla natura e al tempo.
Testimonianze archeologiche che l’uomo cerca di salvare, conservare e valorizzare con l’obiettivo di ottenere risultati più proficui in termini di valorizzazione e di turismo sostenibile, rispetto a quelli sperati e mai ottenuti pienamente con l’attività industriale.
Molti di quei protagonisti dell’epoca estrattiva e industriale che hanno spartito nel sottosuolo parte delle loro esistenze sono stati ritratti da Fabio: i loro volti e la loro esperienza accompagnano gli spettatori durante la visita della mostra fotografica.
La Grande Miniera di Serbariu
Il luogo che ospita la mostra è una testimonianza monumentale della storia mineraria e industriale sarda, italiana ed europea: un’area di circa 33 ettari in impianti funzionali e 32 in area di smaltimento dei rifiuti, 11 pozzi che arrivano alla profondità di 317 m, 219 s.l.m. con i suoi sogni infranti, le cicatrici, le cadute e i tentativi di ripresa, Serbariu è arrivata fin qui forte della sua storia e del suo potenziale che oggi prova a sfruttare in termini di valorizzazione e turismo.
L’interno del Museo del Carbone è un lungo viaggio nel tempo che racconta la storia dell’attività mineraria e della nascita di Carbonia, dovuta allo sviluppo dell’attività estrattiva, attraverso gli strumenti del lavoro, le testimonianze audiovisive e materiali dell’epoca, le storie e gli affetti personali di chi ha contribuito a costruire il periodo d’oro delle miniere.
Pochi luoghi possono raccontare l’epopea estrattiva sarda come la Grande Miniera di Serbariu, la sua storia infatti va di pari passo con quella della storia industriale mineraria sarda cominciata a metà Ottocento, proseguita nel primo Novecento con gli anni di massimo splendore e conclusasi dopo tanti tentativi di ripresa nei primi anni 70’.
La Grande Miniera, dalla sua nascita intorno al 1936 e il 1937 e durante gli anni ‘40 nel periodo della Seconda Guerra Mondiale ha conosciuto il suo momento di massima espansione e produzione: in circa 33 ettari, con 9 pozzi estrattivi, 100 km di gallerie, per una profondità di 179 m dalla superficie topografica e 103 s.l.m., arrivò a produrre in quelli anni 1,2 tonnellate (dato del 1947, fonte museodelcarbone.it) di materiale estratto, grazie a un indotto che reclutava circa 14,000 unità tra minatori e lavoratori esterni impiegati in turni di lavoro massacranti nelle peggiori condizioni di sicurezza.
Seguirono poi gli anni ‘50, quelli del declino industriale, dovuti alla concorrenza del carbone estero (meno costoso da estrarre) rispetto a quello sulcitano che invece aveva costi di estrazione e lavorazione molto alti, videro lo smantellamento graduale dei cantieri e il licenziamento di tantissimi operai che passarono da 14,000 a 5000 unità (fonte museodelcarbone.it) con conseguenti ondate di sciopero cominciate già alla fine degli anni ‘40 e di emigrazioni.
I minatori rimasti furono assunti dall’Enel nella centrale termoelettrica di Portovesme che aveva acquistato le concessioni dalla MCS e la miniera chiuse definitivamente nel 1971.
Fu l’eccellente lavoro dell’amministrazione comunale a salvare l’area dallo smantellamento con l’acquisto nel 1991 degli immobili del sito, ormai ridotti in stato di abbandono e abusività e riconvertiti in quello che oggi è il museo del Carbone gestito dal CICC in associazione tra il Comune e il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna.
Il museo è stato inaugurato nel 2006 grazie al contributo dei vecchi operai della miniera che hanno donato tantissimi strumenti personali raccolti dal CICC, utilizzati per allestire quella che è diventata una esposizione mineraria aperta tutto l’anno che ancora oggi è alla continua ricerca di ulteriore materiale e di testimonianze dirette che potrebbero arricchire ulteriormente la raccolta.
L’importanza del valore umano
La visita al museo e alla mostra fotografica (organizzata dal CICC, dal Comune di Carbonia, dal Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, dalla Federazione Speleologica Sarda e dall’AIPAI-Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale) ci fa capire l’importanza del lavoro svolto dai tantissimi uomini in questa miniera: proprio i minatori hanno apposto l’impronta delle loro mani e le loro firme in un telo bianco esposto nel museo, quelle mani che hanno faticato tanto nel sottosuolo sono protagoniste di alcuni degli scatti di Fabio, che ha deciso di immortalare anche i protagonisti dell’epoca delle miniere, alcuni di loro presenti durante l’inaugurazione della mostra: Luigi Puddu e Gesualdo Congiu ex operai nella miniera di Acquaresi (Iglesias), Maurizio Murgia che ha lavorato a Monteponi e a Campo Pisano in territorio iglesiente e Fabio Granitzio (direttore della Miniera S’Aliderru nella Nurra) hanno portato ai presenti la loro testimonianza del lavoro nel sottosuolo.
Secondo l’autore il lavoro di ricerca va oltre la fotografia, quest’ultima è solo il risultato finale del progetto, le testimonianze servono a introdurre lo spettatore nel lungo percorso della mostra dove ogni scatto contiene al suo interno aneddoti e memorie.
Il futuro di Land of Mines
Il progetto di Fabio Piccioni è un archivio immenso di foto e testimonianze dirette con i lavoratori delle miniere che si evolve nel tempo così come i luoghi documentati, un progetto a lungo termine.
Proprio per questo il fotoreporter sardo è solito ritornare negli stessi luoghi, diverse volte e in diversi momenti dell’anno proprio per evidenziare il cambiamento continuo dei protagonisti materiali e umani, coinvolgendo nei suoi studi e nelle sue ricerche anche figure specializzate come geologi, speleologi, ingegneri, appassionati e testimoni diretti del lavoro estrattivo.
Intanto la mostra continua il suo percorso divulgativo, varcando nuovamente l’isola: Land of Mines a partire da oggi fino al 13 ottobre rimarrà esposta a Milano alla Fondazione AEM, inaugurando la seconda tappa dell’AIPAI Photo Exhibition.
Articolo di Gianmatteo Puggioni
CICC: Centro Italiano della Cultura del Carbone
MCS: Società mineraria carbonifera sarda (Carbonsarda)
Comment here