La prefazione è esilarante, irriverente, maledettamente veritiera.
Parrebbe fare il verso a quel: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, l’incipit del romanzo di Tolstoj, verso il quale la Alberti mostra una sorta di insofferenza (io per esempio – semmai a qualcuno possa interessare – da sempre venero Dostoevskij, il caro zio Fëdor che attraverso i suoi personaggi ritrae l’animo umano con la precisione di un orologiaio) che risalta tutta magnificamente nel capitolo intitolato Lev Tolstoj, il nemico delle donne. Dunque. È ben noto quanto la scrittrice Barbara Alberti sia appassionata del tema femminile: simbolo lei stessa del femminismo combattente degli anni ’70 e ’80, ella oggi sostiene che in Italia non c’è un vero femminismo. È un femminismo di facciata, un femminismo che bada solo ai termini.
Ebbene, Tolstoj (trasformato dai posteri in santino solenne!) precipita rovinosamente nel vortice del peggiore maschilista della storia. Se Barbara Alberti avesse conosciuto Sofja, la moglie di Lev Tolstoj, forse l’avrebbe convinta a scappare di casa e a rifarsi una vita.
Ci sarebbero state tutte le condizioni, e a rileggere i Diari della consorte di Lev si intuisce che avrebbe potuto farlo sul serio: “Oggi, nel trascrivere il diario di Lëvočka, mi sono imbattuta nel seguente brano: «L’amore non esiste. Esistono solamente l’esigenza carnale della copula e quella razionale di avere una compagna di vita». Se avessi letto questa massima di Lev vent’anni fa, non l’avrei mai sposato “. [S.A. Tolstaja, Diari, 14/XII/1890]
Nel suo nuovo libro, 𝐴𝑚𝑜𝑟𝑒𝑠, Barbara Alberti affronta in modo originale, simpatico e impertinente quello che è il più inspiegabile dei sentimenti. L’amore, i tradimenti, le scaramucce raccontate attraverso gli occhi di personaggi famosi, passando da Marilyn a Grace Kelly (donne amate da uomini mediocri e che si pongono per lo più come ornamento del maschio), dall’adorato Majakovskij (il vero rivoluzionario con il cuore che rulla come un tamburo! e che possiede l’ornamento che rende più bello il maschio: il pudore) a Picasso, definito ‘vampiro’ perché diceva che la donna è une machine à souffrir.
Un libro che nel titolo pare ispirarsi alla raccolta di elegie di Ovidio e che pone al centro il tema dell’amore ma che va ben oltre il semplice libro con la sua tematica ben definita: è uno scrigno di racconti, di aneddoti, di storie di vita, dove si disquisisce di amore ma anche di letteratura.
Già, di letteratura. Perché questo libro chiarisce una volta per tutte che prima di scrivere bisogna leggere, leggere! tanto e bene, fino ad acquisire quella conoscenza speciale che consente quasi di mettersi a parlare da pari a pari con personaggi come D’Annunzio, Tolstoj, Saba.
Nel romanzo è espressa anche la sua convinzione che oggi il sesso è eccessivamente sdoganato, ponendosi quasi come un obbligo sociale; la Alberti sostiene che bisognerebbe tornare al peccato, alla voluttà del proibito, quando il sesso bisognava conquistarselo con la paura della punizione, così eccitante.
Un incontro, quello con la Alberti, che conduce il lettore in un viaggio tra gli amori, nell’amore.
Quell’amore però non come lo descriveva Tolstoj nei suoi appunti e nemmeno come lo intendeva Maurizio Maggiani: un letamaio, ma come lo definisce la Alberti:
“L’amore è l’unica forza incontrollabile che noi abbiamo, possiamo pianificare tutto nella nostra vita ma non l’amore. Nessuno saprà mai perché d’un tratto quella persona diventa la ragione della nostra vita: l’amore rimane l’unico mistero non spiegato e come tale preziosissimo.”
Citando ancora una volta l’amazzone di Umbertide: L’amore è per i coraggiosi, tutto il resto è coppia.
Et voilà, signori miei! Buona lettura.
di 𝐹𝑒𝑑𝑒𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑃𝑎𝑠𝑠𝑎𝑟𝑒𝑙𝑙𝑖
1SBN-13: 9791259851055
HarperCollins Italia (2022)
pag.: 272, € 17.50
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